Si e' volta a Torino una interessante tavola rotonda che
ha visto coinvolte diverse personalita' della medicina,
del giornalismo e dell’industria farmaceutica.
Oggetto della discussione la vaccinoprofilassi
nell’atleta professionista, un argomento di grande
interesse in quel momento, visto l’epidemia di
influenza particolarmente virulenta ed invalidante che ha
colpito gran parte della popolazione ed ha costretto
anche molti calciatori professionisti a disertare i campi
di gioco.
Oltre che dai relatori, la riunione e' stata onorata
dalla presenza di Marcello Lippi, allenatore della
Juventus; presenti anche il Dr. Enrico Castellacci,
presidente della L.A.M.I.CA, la Libera Associazione dei
Medici Italiani del Calcio e il Dr. Riccardo Agricola,
Medico sociale della Juventus, alle prese proprio in quei
giorni con i postumi dell’influenza che aveva messo
KO diversi giocatori.
L’incontro ha visto alternarsi sul palco diversi
relatori che hanno fornito la propria chiave di lettura
per cio' che concerne il rischio di infezioni nello
sportivo e la pratica della vaccinoprofilassi ed e' stato
seguito da un vivace dibattito.
L’auspicio e' che da questo incontro possano essere
scaturite maggiori chiarezze e consapevolezze
sull’argomento vaccinoprofilassi.
Programma
del congresso
|
Introduzione
E. Castellacci
Presidente L.A.M.I.CA
|
Virus
influenzali e virus mutanti
A. Zanetti
Istituto di Virologia – Universita' Milano |
Esercizio
fisico e sistema immunitario
G. Rizzi
Direttore Scientifico Il Medico Sportivo |
Vaccini di
nuova generazione: tecnologia virosomale
R. Soncini
Direttore Medico Berna Biotech Italia |
Vaccinazioni
degli atleti che viaggiano: chi, come e quando
vaccinare
V. Nicosia
Dipartimento Salute ENI |
Conclusioni -
Vaccinazioni e sport: un binomio di sanita'
pubblica
V. Carreri |
Esercizio
fisico e sistema immunitario
G.
Rizzi
Direttore Scientifico Il Medico Sportivo
Recenti episodi hanno attirato l’interesse della
comunita' scientifica sul rischio di infezione
nell’atleta. Appare difficile pensare che uno
sportivo professionista, a dispetto della sua forma
fisica, delle corrette abitudini di vita e dei numerosi
controlli medici ai quali e' sottoposto, possa risultare
particolarmente esposto alle infezioni in generale ed
alla epidemia influenzale in particolare.
In realta' oggi sappiamo che esiste un momento preciso
della vita dell’atleta durante il quale il sistema
immunitario si trova in condizioni di non potere
garantire una adeguata risposta nei confronti dei
patogeni. E’ noto ormai da un secolo che i linfociti
vengono attivati nel sangue prima e durante
l’esercizio fisico; tuttavia, mentre la
concentrazione dei neutrofili continua ad incrementarsi
anche nel periodo post esercizio, la concentrazione dei
linfociti si riduce notevolmente dopo l’esercizio
stesso. (fig. 1)
Si
assiste quindi ad un calo generalizzato
dell’attivita' del sistema immunitario nella fase
post esercizio; questo fenomeno viene definito come
“open window”. (fig. 2)
Questo
fenomeno viene rilevato in diverse condizioni di stress
fisico, quali l’esercizio, la chirurgia, le ustioni,
i traumi, l’infarto miocardico acuto e le infezioni
severe e dimostra che l’immunologia sportiva puo'
essere uno strumento utile alla comprensione dei fenomeni
adattativi del sistema immunitario durante stress fisici
di vario genere.
Durante la fase di open window il soggetto viene quindi a
trovarsi in una situazione di particolare rischio di
infezioni.
Per un atleta e' facile immaginare come questa condizione
corrisponda ad un momento in cui la possibilita' di
contatto con patogeni e' particolarmente elevata:
immediatamente dopo una gara, infatti, l’abbraccio
dei tifosi, la permanenza negli spogliatoi insieme ad
altre persone, il vapore acqueo delle docce, l’aria
condizionata degli ambienti o dei mezzi di trasporto,
rappresentano un veicolo ottimale attraverso il quale
possono essere contratti agenti potenzialmente infettivi.
La fase di “open window”, ha una durata
estremamente variabile sia nel soggetto che nella
popolazione; si attesta su tempi oscillanti tra le 3 e le
72 ore, in funzione del livello immunitario basale del
soggetto e si concretizza in un elevato rischio di
infezioni in corso di allenamento intensivo o durante le
due settimane seguenti eventi sportivi di particolare
impegno atletico.
Esistono poi diverse concause che contribuiscono ad
elevare la suscettibilita' dell’atleta alle
infezioni: gli elevati ritmi respiratori, la conseguente
secchezza delle mucose orali e l’aumento della
viscosita' del muco, comportano una ridotta clearance a
livello nasale e tracheale; fattori dietetici ed
insufficiente apporto di componenti nutrizionali
essenziali ((glutamina, arginina, L-carnitina, acidi
grassi essenziali, vitamina B6, acido folico, vitamina E)
possono ridurre la mobilizzazione linfocitaria.
I microtraumi muscolari, anche se in una fase iniziale
portano all’espressione della proteina C reattiva e
di altri fattori che stimolano le funzioni immunitarie,
comportano poi un sequestro leucocitario nella sede del
trauma stesso ed il rilascio di radicali liberi.
E’ stato anche osservato come un’alta
concentrazione ematica di catecolamine, adrenalina e
noradrenalina corrisponda alle fasi di maggiore
attivazione linfocitaria, mentre la fase successiva
all’esercizio, francamente cortisolica, sia
corrispondente alla riduzione della concentrazione
linfocitaria.
Cio' dimostra che esiste un legame tra stress
psicologico, sistema endocrino, sistema nervoso e sistema
immunitario.
Anche l’eta' gioca un ruolo importante: al fine di
analizzare la capacita' di mobilizzazione dei linfociti
nel sangue, e' stato eseguito uno studio in soggetti
giovani ed anziani.
Nello studio 10 soggetti anziani (eta' 76 -80) e 10
soggetti giovani (eta' 19 - 31) sono stati sottoposti ad
un esercizio al cicloergometro della durata di 20 minuti;
i campioni di sangue sono stati prelevati prima e dopo il
test.
I risultati mostrano come i soggetti giovani abbiano
avuto una mobilizzazione linfocitaria decisamente
superiore agli anziani. (fig. 3)
E’
interessante notare come, sia l’esercizio fisico di
lieve intensita' o durata, sia esercizi piu' intensi e
prolungati sono in grado di attivare i linfociti nel
sangue, ma solo sforzi prolungati e/o di elevata
intensita' producono immunosoppressione nella fase post
esercizio; intendiamo per esercizio prolungato quello di
durata superiore all’ora e per esercizio di elevata
intensita' quello superiore al 70% VO2 max. (Massima
Capacita' Aerobica)
La figura 4 mostra come il rischio di infezioni delle vie
aeree superiori vari grandemente in funzione
dell’attivita' fisica, essendo minimo in
concomitanza ad attivita' fisica moderata e piu' elevato
nei soggetti sedentari o sottoposti ad attivita' intensa.
La
riduzione del rischio passa attraverso diverse metodiche:
E’ innanzitutto opportuno minimizzare
l’esposizione ai patogeni, riducendo la permanenza
negli spogliatoi, i contatti col pubblico e/o con persone
infette.
E’ consigliabile un adeguato apporto dietetico di
aminoacidi, antiossidanti e fibre, ma soprattutto e'
fondamentale ottimizzare l’allenamento.
Un soggetto ben allenato sa esprimere un lavoro muscolare
superiore e quindi ridurre lo sforzo fisico che da adito
alle fenomenologie sopra descritte; inoltre un soggetto
allenato respira in maniera meno affannosa ed e' meno
esposto al rischio di microtraumi.
A questo proposito si raccomanda anche l’utilizzo di
attrezzature idonee; questo consiglio vale soprattutto
per gli atleti amatoriali, spesso tentati di usare un
certo tipo di attrezzatura solo perche' e' quella
utilizzata dal campione preferito, ma non per questo
necessariamente la piu' idonea per il soggetto.
La riduzione dello stress psicologico porta indubbi
vantaggi anche se e' spesso di difficile attuazione.
Molto piu' realisticamente e' invece possibile praticare
la vaccinoprofilassi, per tutte quelle patologie per le
quali e' disponibile un vaccino.
La vaccinoprofilassi e' caldeggiata in tutti i soggetti a
particolare rischio, quali gli anziani, i diabetici, i
cardiopatici, i portatori di BPCO; e' opportuno che il
medico ed il medico sportivo in primo luogo, si abitunoi
a considerare l’atleta, soprattutto il
professionista, quale un soggetto a rischio e lo
sottopongano pertanto alle opportune manovre
vaccinoprofilattiche.
Bibliografia:
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