I riflettori si stanno lentamente
spegnendo sul caso di Yara, la ragazzina del bergamasco recentemente
rapita ed uccisa; d’altronde il mondo ed i suoi abitanti sono troppo
efficienti nel produrre catastrofi,
disgrazie e morti ammazzati perche’ la nostra attenzione
possa restare a lungo focalizzata su un unico episodio, per quanto
tragico, spaventoso e vergognoso per il genere umano.
La
vita ci costringe ad abituarci con grande rapidita’ a situazioni ed a
fatti che solo il giorno prima avremmo giudicato insostenibili e con i
quali il giorno dopo scopriamo di potere convivere con disinvoltura.
Le
torri gemelle erano in piedi ed adesso non ci sono piu’, gli tsunami
spazzano via case e persone, le centrali atomiche saltano per aria, le
guerre ci arrivano sotto casa, la gente si uccide con desolante
ripetitivita’ e tutto in un attimo diventa parte del vissuto, senza
darci neppure il tempo di ragionarci sopra e di trarne il debito
turbamento; tutto va avanti come prima e l’interesse torna velocemente
ad essere catalizzato solo dai boati provenienti dai campi di calcio.
Del
caso di Yara si parla e si parlera’ sempre meno, fatti salvi alcuni
ritorni di fiamma dovuti alle indiscrezioni che potranno filtrare da
questo o da quell’altro investigatore, da questo o da quell’altro
magistrato ed il ricordo di cio’ che accadde a quella povera bimba
andra’ piano piano a finire nello scaffale della memoria dove sono
riposte le cose delle quali avremmo volentieri fatto a meno.
Per
qualcuno invece il domani non sara’ piu’ lo stesso: non e’
difficile immaginare quale strazio sia piombato nei cuori dei genitori
di Yara, seppure mai ostentato in pubblico in ossequio alla riservatezza
delle genti che popolano i monti e le vallate del nord Italia; ne’ il
tempo, ne’ le parole di conforto, ne’ le frasi fatte delle
personalita’ potranno mai restituire loro la serenita’ di giorni
ormai irrimediabilmente perduti.
A
queste persone cosi’ duramente toccate rimane ben poco: la pieta’ di
qualcuno e la speranza che la giustizia sia amministrata con celerita’
e correttezza, il minimo che una societa’ civile deve garantire per
evitare il ripetersi di situazioni che gia’ troppe volte abbiamo visto
andare in scena.
Eppure
nessuno si meraviglia piu’ se i processi si protraggono per anni, o se
giovani killer della strada tornano tranquillamente a piede libero pochi
giorni dopo avere causato terribili stragi, per colpa dell’alcool o
delle altre sostanze chimiche che avevano nelle vene al posto del
sangue.
Come
dicevamo prima, ci si abitua a tutto, al punto di non riflettere neppure
quando citiamo luoghi comuni che dovrebbero invece essere motivo di
profonda analisi critica; quante volte, ad esempio, abbiamo detto o
sentito dire che al giorno d’oggi solo i disonesti ed i criminali
sembrano avere dei diritti, mentre alla gente per bene arrivano soltanto
calci nel didietro?
Un
segnale positivo, tuttavia, ci viene dalle cronache di questi giorni: la
giustizia ha recentemente dimostrato di muoversi con la dovuta
celerita’ e questo alimenta la speranza che, una volta identificato,
il colpevole dell’orribile gesto sara’ velocemente giudicato e
condannato con l’inflessibilita’ che si deve ad un simile misfatto.
D’altra
parte, se si riesce ad imbastire un processo in pochissime settimane per
giudicare e legittimamente condannare, se riconosciuti colpevoli,
presunti o pretesi bungabunghisti, che si sarebbero intrattenuti con
presunte o pretese minorenni, probabilmente consenzienti ed altrettanto
probabilmente ben ricompensate per la loro compagnia, non si immagina
neppure che non si possa istruire con la stessa celerita’ il
procedimento che dovra’ comminare la giusta condanna a chi ha ucciso
una bimba, sicuramente minorenne ed altrettanto sicuramente non
consenziente, che in cambio del suo corpo martoriato non ha avuto
popolarita’ e ricchezza, ma solo una croce nel camposanto e un posto
per sempre nel cuore di tante persone.
In
una nazione che ama riconoscersi quale patria del diritto, il minimo che
si possa fare e’ dimostrare che si e’ pienamente in grado di
amministrare la cosa pubblica senza distinzioni di sorta, che si tratti
di processare persone note, meno note, oppure comuni assassini che hanno
senza pieta’ troncato la vita di una bimba, anche se la vittima
proviene da una famiglia di gente qualunque e la condanna o
l’assoluzione del colpevole nulla cambierebbe negli equilibri del
potere.
Abbiamo
l’assoluta certezza che questo avverra’ e che tutti coloro che sono
coinvolti a diverso titolo nella macchina della giustizia e
nell’applicazione delle leggi saranno impeccabilmente all’altezza
della loro professionalita’, senza farsi condizionare da null’altro
che non sia l’indiscutibile ed inviolabile principio che la legge e’
uguale per tutti.
Abbiamo
l’assoluta certezza che tutti gli attori di questi procedimenti
saranno all’altezza della loro professionalita’, in barba di chi
vorrebbe la magistratura asservita a questa o a quell’altra ideologia,
a questo o a quest’altro partito politico, a questo o a quell’altro
gioco di potere.
Abbiamo
l’assoluta certezza di tutto cio’, la vogliamo avere con tutta la
forza di cui siamo capaci, per continuare a credere che questo paese
abbia un domani e che non si corra il rischio di piombare in scenari che
sono drammaticamente di attualita’.
Quello
che puo’ succedere in una nazione, quando la gente si rende conto di
averne davvero piene le tasche, e’ li’ da vedere appena al di la’
del mare nostrum e non puo’ accadere una tragedia peggiore di quella
di dovere rivolgere bombe e cannoni contro la propria gente, per
ribadire in mano di chi stia il potere, che invece dovrebbe essere solo
ed esclusivamente prerogativa del popolo sovrano.
Peraltro,
quando la sfiducia nelle istituzioni serpeggia in maniera tutt’altro
che latente, come troppe volte accade in questa centocinquantenne
nazione e quando la voglia di farsi giustizia da soli comincia ad essere
qualcosa di piu’ che un modo di brontolare come un altro, bene, questo
e’ il momento in cui i signori nella stanza dei bottoni comincino a
dare risposte eccellenti a domande eccellenti.
In
attesa di vedere come le nostre convinzioni saranno confermate da rapide
ed adamantine sentenze, o da piene e motivate assoluzioni, in questo
tempo pasquale che Yara non potra’ piu’ vivere, l’augurio che
inviamo alla sua famiglia e’ quello di potere trovare consolazione
nella certezza che la loro bimba li guarda da un luogo migliore di
questo e che nessun velo di ingiustizia cadra’ ad oscurare la sua
memoria.
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