A chi, come lo scrivente, capita di occuparsi sia di
medicina che di volo, un po’ picchiettando sulla
tastiera di un Mac e un po’ cercando di gestire al
meglio la cloche di un aereo, capita talvolta di trovarsi
di fronte a mamme preoccupate e a bambini tossicchianti
ai quali il pediatra ha consigliato, come extrema ratio,
di compiere un volo in alta quota, per provare a ridurre
o cancellare la sintomatologia della pertosse.
Episodi del genere sono piu' frequenti di quanto si
penserebbe ed e' sorprendente il fatto che talvolta i
giovani aspiranti ad un precoce battesimo del volo siano
inviati in aeroporto non da un vecchio pediatra di paese
con tanto di barba bianca, ma da giovani specialisti
cresciuti tra PubMed e computers.
Sara' la voglia di diverso, sara' la sfiducia nella
medicina tradizionale, che si sta infiltrando piano piano
anche nella classe medica creando varchi per tutto
quell’alternativo-naturalistico che va oggi cosi' di
moda in campo sanitario, ma resta il fatto che sono tanti
i piloti i quali, sotto sotto, si augurano che nel
prossimo week end Santa Bordetella Pertussis porti in
aeroporto un piccolo paziente da scarrozzare per le vie
del cielo.
Come e' noto, la Bordetella Pertussis, un coccobacillo
gram-negativo, piccolo, non mobile, trasmesso
nell’aria da parte del paziente durante lo stadio
catarrale e parossistico, e' causa di non pochi guai tra
i bambini, con un’incidenza di circa il 38% di casi
nei lattanti, ove gli esiti possono essere infausti e
comunque le complicanze gravi non infrequenti.
La Bordetella Pertussis appartiene alla classe degli
aerobi obbligati ed e' probabilmente questa
caratteristica ad avere suggerito in passato che
un’ipossia provocata dall’altitudine potesse
portare alla eliminazione del bacillo.
In realta' e' noto come la sintomatologia sia provocata
dalla tossina pertossica e non dal battere stesso, per
cui l’eliminazione del medesimo non comporta alcun
vantaggio dal punto di vista sintomatologico, salvo in
caso di trattamento precoce, ma non e' questo il caso dei
piccoli pazienti candidati al volo, che sono per la
maggior parte in fase di convalescenza.
Diverse strade sono state percorse in passato per dare
una dignita' medico scientifica ai miglioramenti
sintomatologici che non di rado si sono notati in
pazienti sottoposti al “volo pertosse”, non
ultimo l’effetto placebo, ma in realta' non si e'
mai pervenuti con assoluta certezza ad una dimostrazione
di un razionale scientifico alla base di quanto sopra,
nonostante siano sono state formulate alcune ipotesi
quanto meno suggestive.
La produzione di tossine e' una delle componenti
principali del potere patogeno di un battere, della
sintomatologia e del danno provocato all'organismo
ospite.
La tossina pertossica e' una esotossina il cui bersaglio
e' una una proteina legante nucleotidi guanilici che
regola l’attivita' dell’adenilato ciclasi,
l'unita' catalitica presente nella membrana cellulare che
trasforma l'ATP in AMP ciclico.
Due proteine sono alla base del controllo
dell’adenilato ciclasi: la proteina Gs mediante
un’azione di stimolo e la proteina Gi che ha
un’azione inibente.
In condizioni particolari, la tossina della pertosse,
attraverso una ADP-ribosilazione della proteina Gi blocca
l'inibizione dell'adenilato ciclasi con conseguente
aumento della produzione di AMP ciclico.
Tra le varie attivita' biochimiche, l’AMP ciclico e'
il piu' importante modulatore del bilancio del calcio a
livello intracellulare, ed e' alla base dei meccanismi
che regolano la conduttanza dei canali del calcio nelle
cellule muscolari.
Come risultato dell’attivita' dell’AMP ciclico,
piu' calcio puo' entrare nella cellula ed aumentarne la
forza contrattile.
Inoltre l’AMP ciclico, tramite l’azione sulla
protein-kinasi A (PKA) e la successiva fosforilazione
delle proteine bersaglio, porta ad una attivazione della
pompa del calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico e
ad un conseguente aumento dell’accumulo di calcio a
livello intracellulare.
Alcuni autori (Ogawa et al.) hanno potuto documentare
come la permeabilita' endoteliale indotta
dall’ipossia sarebbe secondaria ad un abbassamento
dei livelli cellulari di AMP ciclico; altri autori
(Leon-Velarde et al.) annotano come l’ipossia abbia
un effetto di riduzione della stimolazione
dell’adenilato ciclasi.
In altre parole sarebbe possibile attribuire
all’ipossia indotta da altitudine un effetto in
qualche modo antagonizzante di alcune delle azioni
proprie della tossina pertossica.
La teoria e' pero' opinabile, alla luce del meccanismo
d’azione di alcuni broncodilatatori, quali la
teofillina, che, inibendo la fosfodisterasi, agiscono
invece proprio aumentando le concentrazioni
intracellulari di AMP ciclico.
Un’altra possibilita' e quella che la maggiore
permeabilita' endoteliale secondaria alla ipossia e alla
diminuzione di pressione atmosferica provochi un maggiore
rilascio di liquidi nel lume bronchiale, con conseguente
effetto mucolitico e sedativo della tosse.
Molti farmaci secretodinamici mirano a questo risultato,
ad esempio quelli che, stimolando le cellule sierose
delle ghiandole miste bronchiali a produrre acqua,
ottengono un’intima idratazione del muco e ne
causano cosi' la fluidificazione; inoltre alcune mucine
idrofile, le sialomucine, grazie alla presenza
dell’acido sialico svolgono un’azione
antiinfiammatoria e contribuiscono quindi ad alleviare la
sintomatologia spastica e la tosse.
Ancora una volta si puo' obiettare che l’accumulo di
AMP ciclico nelle cellule della mucosa broncopolmonare
dovuto all’azione della tossina pertossica,
porterebbe gia' di per se' ad una alterazione del
passaggio di acqua ed elettroliti nella membrana
cellulare e quindi ad un maggiore rilascio di liquidi.
Lo stesso meccanismo e' peraltro alla base della
sintomatologia colerica, nella quale una tossina
strettamente imparentata con quella pertossica,
rilasciata dal Vibrio Cholerae, fa si' che a livello
intestinale vengano diffuse notevoli quantita' di
liquidi, con la conseguente tipica sintomatologia
diarroica e disidratativa tipica del colera.
Anche se piu' spettacolare, l’effetto della tossina
colerica o enterotossina e' similare a quello della
tossina pertossica, con l’unica differenza di agire
a livello della proteina Gs, bloccandola in posizione
attivata e quindi favorendo la sintesi di quantita'
enormi di AMP ciclico.
Peraltro, la sensibilizzazione all’istamina, uno
degli effetti piu' tipici della tossina pertossica,
potrebbe gia' di per se' portare a vasodilatazione ed
aumento della permeabilita' endoteliale, con conseguente
rilascio di liquidi.
Un’altra ipotesi che puo' essere considerata e'
quella di una risoluzione dell’ostruzione a livello
bronchiolare mediato dalla riduzione della pressione
atmosferica, supportata anche dall’osservazione di
miglioramenti temporanei riportati da pazienti asmatici
dopo salita in quota.
Non e' neppure escludibile a priori che un certo
drenaggio operato dalle variazioni pressorie a livello
delle vie aeree possa contribuire ad un miglioramento
sintomatologico.
Altri meccanismi d’azione sono stati descritti in
passato, quali una possibile azione a livello dei
recettori b2 o di alcuni neurotrasmettitori, nessuno
completamente convincente, nessuno completamente da
scartare.
Come si vede ce n’e' abbastanza per accontentare
fautori e detrattori di questa pratica anche se teniamo a
precisare che le teorie sopra esposte sono state
riportate solo a livello di curiosita', senza volere dare
ad esse alcuna dignita' scientifica, soprattutto perche'
molti dei meccanismi biochimici e fisiologici sopra
descritti possono apparire un po’ stiracchiati per i
capelli e fare storcere il naso a qualche esperto del
settore.
Forse una sperimentazione piu' approfondita avrebbe
potuto validare o screditare in maniera definitiva questa
pratica e, nel caso di validazione, definire in maniera
precisa i protocolli da applicare.
In mancanza di profili di missione ben pianificati
infatti, i voli pertosse vengono oggi effettuati secondo
le esperienze pregresse dei piloti o secondo le
indicazioni del pediatra.
La diffusione della vaccinoterapia e la comparsa di
antibiotici decisamente efficaci hanno dirottato gli
orientamenti terapeutici verso questi presidi, con
risultati clinici assolutamente soddisfacenti; e'
altresi' probabile che le enormi potenzialita'
dell’industria farmaceutica abbiano virato la
ricerca verso lo studio e la sperimentazione clinica di
nuovi farmaci, assorbendo il tempo e l’interesse dei
ricercatori.
Non a caso dopo i primissimi anni novanta non si trova
praticamente piu' nulla in letteratura riguardo il
trattamento della pertosse mediante ipossia indotta.
I moderni farmaci e vaccini consentono un’efficace
prevenzione e trattamento della malattia, con
l’unico limite di dovere somministrare
l’antibiotico in fase precoce, cioe' nella fase
catarrale quando la diagnosi clinica di pertosse e'
ancora difficile.
Dopo la comparsa della fase parossistica,
l’antibiotico non ha piu' grande efficacia, poiche'
la tossina pertossica e' ormai presente e continua a
sortire i propri effetti anche in caso di eradicazione
batterica.
Comincia spesso una lunga sequela sintomatologica, che
vede l’utilizzo di diversi farmaci, tra i quali i
sedativi della tosse, i cortisonici, i broncodilatatori;
anche se in media la durata della convalescenza non va
oltre le due, tre settimane, non sono pochi i pazienti
nei quali, nonostante il trattamento farmacologico, la
sintomatologia permane fastidiosamente presente per lungo
tempo, talvolta per qualche mese .
Questo e' il bacino di utenza all’interno del quale
si trovano la maggior parte dei potenziali candidati al
volo pertosse; piu' di un pediatra, un po’
sollecitato da genitori ansiosi, un po’ sentendosi
impotente per il parziale insuccesso della terapia, un
po’ smanioso di provare nuove strade, invia il
paziente presso il locale aeroporto, sperando che ancora
una volta i rimedi della nonna si rivelino piu' efficaci
della medicina ufficiale.
In linea di principio non vi sono controindicazioni al
portare un bimbo anche di pochissimi anni di eta' a bordo
di un piccolo aereo; naturalmente il pediatra dovra'
accertare che non vi siano patologie in atto a carico
delle prime vie aeree, dell’orecchio medio e dei
seni paranasali. Una volta ben superata la fase catarrale
e in assenza di altri sintomi e segni che possano rendere
la pratica sconsigliabile, non sussistono altre
controindicazioni nei confronti del volo.
Come gia' detto non vi sono protocolli che stabiliscano
il miglior profilo di volo e molto e' condizionato al
tipo di aeromobile disponibile; la pratica comune e'
quella di effettuare una salita il piu' rapidamente
possibile fino a quote gravitanti intorno ai 7.500 piedi
(2.286 metri), seguite da una permanenza in quota di
circa 15/20 minuti ed una discesa sollecita ma non
violenta, onde favorire una ricompressione delle vie
aeree progressiva e non fastidiosa.
E’ sconsigliabile salire a quote superiori; la
pressione parziale di ossigeno diminuisce in modo
esponenziale con l'aumentare della quota e a 7.500 piedi
e' gia' possibile un’adeguata esposizione
all’ipossia senza innescare fenomeni collaterali
quali tachicardia e tachipnea che, se in un soggetto
giovane e sano possono tranquillamente essere sopportati
per qualche minuto fino alla soglia dei 12.000 piedi
(3.657 metri), possono invece creare problemi a quote ben
inferiori in un bimbo, specie se convalescente da una
patologia respiratoria.
Dal punto di vista prettamente legale, e' bene ricordare
che un volo di questo genere, come qualunque volo a
pagamento, rientra nel cosiddetto “trasporto
pubblico passeggeri”, cioe' nella fascia di voli che
instaurano un contratto di prestazione d’opera tra
passeggero e societa' di lavoro aereo o aero club.
Si tratta quindi di un volo che, almeno in Italia, puo'
essere effettuato esclusivamente presso strutture
abilitate a questo tipo di lavoro aereo e da piloti
professionisti; solo in questo caso il volo si svolge nei
canoni della legalita' e nel malaugurato caso di un
incidente si otterra' un’adeguata copertura
assicurativa.
Diversa e' la situazione in altri paesi europei, ad
esempio la vicina Svizzera, dove anche un semplice pilota
sportivo puo' effettuare voli a pagamento, purche' da
essi non tragga lucro ma solo la copertura delle spese di
volo, semplicemente emettendo dei biglietti di passaggio
che garantiscono nel contempo l’attivazione di una
assicurazione temporanea con massimali di tutto rispetto.
Il pilota, in veste di comandante dell’aeromobile,
ha diritto di richiedere un certificato medico che
attesti l’idoneita' del passeggero al volo ed e'
pertanto consigliabile che il pediatra munisca il
paziente di questo documento.
Naturalmente almeno uno dei genitori dovra' accompagnare
il bimbo in volo e questo fatto deve essere valutato con
grande attenzione, per evitare che il paziente percepisca
un eventuale stato di timore del papa' o della mamma,
probabilmente anch’essi alla prima esperienza di
volo su un aereo leggero; se, come molti sostengono, il
volo pertosse sortisce solo un effetto placebo, e'
indispensabile che il bimbo si trovi di fianco ad un
genitore tranquillo e rilassato, che gli consenta di
godere di questa esperienza nel migliore dei modi e che
lo rassicuri, dicendogli che dopo il volo si sentira'
sicuramente meglio.
Rivolgendosi ad una societa' di lavoro aereo qualificata,
sara' facile avvalersi della consulenza di professionisti
che, per un costo non superiore a quello di una visita
specialistica o di qualche trattamento medico
alternativo, accompagneranno in volo con sicurezza
genitore e bambino, evitando accuratamente giornate
metereologicamente non idonee a persone non avvezze al
volo, nonche' l’esecuzione di manovre che potrebbero
risultare fastidiose ai passeggeri.
Puo' darsi che il bimbo scenda dall’aereo tossendo
come prima, forse stara' meglio, forse, come un piccolo
che ricordiamo con simpatia, non fara' piu' un colpo di
tosse e pestera' i piedi per tornare in aereo,
trascinando la madre ormai sull’orlo del collasso
nervoso, dopo avere eroicamente sorriso per tutto il
tempo in cui era stata a bordo...
Un buon esempio di pseudomedicina ispirata alle parole di
Ippocrate “Primum non nocere”: nella peggiore
delle ipotesi, se proprio il paziente non traesse
beneficio alcuno, di certo avra' un’esperienza in
piu' da riporre nel carniere della vita e un genitore
piu' tranquillo per avere tentato anche questa strada per
fare stare meglio il piccolo.
Quanto all’incidenza di effetti collaterali, intesi
come sicurezza del volo, molti lavori di confronto con
placebo, cioe' con lo stare a terra, magari in auto,
dimostrano l’assoluta superiorita' del mezzo aereo.
Ovviamente non si tratta di lavori in doppio cieco, ma
questa pratica e' sconsigliabile se si tratta di volare
in sicurezza...
La significativita' statistica non ci sovviene, ma ci
deve essere una “P” con sette o otto zero dopo;
provare per credere!
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