Parenti serpenti

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 52 - febbraio 2008




“Se l'urbisoo ghe vedaress e se la vipera ghe sentaress, poca gent al mund a ghe saress...”

 

Non sono in grado di dare una precisa collocazione geografica a questo proverbio, forse scritto in un dialetto un po’ taroccato in ossequio alle leggi della rima; di certo questo idioma non arriva da Como citta’, ma non e’ difficile immaginare che la sua origine possa trovarsi tra i monti e le rive del lago, dove piu’ facilmente orbettini e vipere fanno parte del vissuto quotidiano.
Per fortuna siamo nell’era della globalizzazione; fino a pochi decenni fa un comasco cresciuto in centro citta’, come il sottoscritto, avrebbe dato scandalo citando un proverbio “laghee’”.
Oggi invece la citta’ e’ diventata un caleidoscopio di diverse umanita’: razze e linguaggi sono ormai mescolati e persino i cittadini DOC indossano senza tema felpe alla moda, il cui marchio inneggia ai missultit, in un patto di non aggressione tra area urbana e rami del lago che ha dell’incredibile, piu’ dei vari trattati di non belligeranza che compaiono ed altrettanto rapidamente sfumano nel Medio Oriente.
Comunque sia, il proverbio sopra citato rappresenta un bell’esempio di come pregiudizi e timori ancestrali abbiano sempre gravato sul mondo dei serpenti, al punto di arrivare ad attribuire loro la capacita’ di lasciare ben poca gente viva, se solo fossero dotati di un migliore sistema sensoriale.
Prima che la notizia dell’esistenza di questa arma letale raggiunga Al Qaeda e senza disturbare erpetologi ed altri esperti del settore, alcune puntualizzazioni sono d’obbligo.
Cominciamo dall’orbettino (Anguis fragilis), non fosse altro che per rispettare l’ordine di citazione: lungi dall’essere “orbo”, come indicherebbe il suo nome, l'Anguis fragilis ci vede benissimo e non e’ nemmeno velenoso.
Per dirla tutta, l’orbettino non e’ neppure un serpente, nonostante la sua forma suggerisca il contrario: appartiene infatti alla famiglia dei Sauri ed e’ quindi parente stretto delle lucertole.
Probabilmente il suo nome deriva dal fatto di avere gli occhi coperti da palpebre; e’ quindi facile vederlo con gli occhi chiusi mentre si ripara dalla luce del sole, che solitamente schiva, tendendo a passare la maggior parte della giornata rintanato sotto legni e sassi, per dedicarsi alla caccia solo all'alba ed al tramonto.
Dei rettili “a forma di serpente” della nostra zona, l’orbettino e’ sicuramente il piu’ inurbato e non e’ impossibile vederlo nei parchi cittadini o nei giardini condominiali, condividendo infatti lo stesso habitat delle lucertole.
Per nulla aggressivo, non rappresenta un pericolo neppure se doveste involontariamente calpestarlo; la sua difesa e’ prettamente passiva e, quando minacciato, al massimo si libera della parte terminale della coda come fanno le lucertole, lasciandola in esca al predatore di turno per avere il tempo di filarsela verso un luogo piu’ sicuro.
Non abbiamo dunque grandi motivi per temere il simpatico orbettino, che nulla ha a che fare col serpente del peccato originale, neppure per motivi di lontana parentela.
Pensandoci bene, nella Genesi leggiamo: “Allora il Signore disse: sii maledetto fra tutti gli animali e tutte le bestie della campagna; striscerai sul tuo ventre ed io porro’ inimicizia fra te e la donna, fra la tua discendenza e la sua. Essa ti schiaccera’ il capo e tu la insidierai al calcagno".
Ma allora il serpente prima del Peccato Originale non strisciava? E in quali fattezze si manifesto’ dunque il Demonio per tentare Eva? Un serpente con le zampe, una specie di lucertolone come rappresentato in alcuni film? Oppure un altro animale? E perche’ non come un gran bel fusto muscoloso?
Obiettivamente, vista la finalita’ di attirare l’attenzione di Eva che non conosceva uomo fatto salvo il biblico marito, peraltro gia’ privo di una costola in giovane eta’, l’ultima ipotesi potrebbe essere la piu’ sostenibile.
In questo caso l’atavica inimicizia tra uomo e serpente avrebbe senso, almeno sul nostro lago perche’, come e’ noto, qua vive un famoso attore americano, che effettivamente e’ un gran bel fusto muscoloso e di certo saprebbe tentare qualunque donna.
Mi pare pero’ che lui si occupi di caffe’ (what else?) e non di mele del peccato; attore assolto per non avere commesso il fatto e problematiche di convivenza uomo-serpente ancora aperte.
Ma torniamo a noi: la vipera (vipera aspis) e’ invece un serpente a tutti gli effetti, quindi il nostro terrore puo’ manifestarsi in pieno senza che ci sentiamo feriti nell’ego.
Tuttavia, e’ il caso di dirlo, per quanto riguarda il suo udito siamo noi a dovere abbassare le orecchie.
La vipera ci sente benone, o quanto meno sente cio’ che a lei fa piu’ comodo. Non e’ cosi’ strano: si tratta di un atteggiamento comune a tanti animali, anche a quelli piu’ evoluti: quanti mariti non sentono assolutamente la voce della moglie che chiede loro di andare a prendere la suocera e, nel frattempo, non perdono una parola della telecronaca della partita di calcio che giunge dalla finestra del vicino?
La vipera e’ dotata di terminazioni nervose che collegano la mandibola all’orecchio interno che le permettono di captare le piu’ minime vibrazioni; con questo sistema risulta estremamente sensibile alle frequenze molto basse e quasi nulla alle frequenze vocali.
Essa pertanto percepisce perfettamente ogni fruscio, quanto basta per rendersi conto se nell’ambiente circostante siano presenti predatori o potenziali prede; forse non ci “sente” nella maniera che noi intendiamo e non sarebbe magari deliziata dalla voce di Pavarotti, ma sicuramente non le sfuggono i suoni piu’ utili alla sua sopravvivenza.
Timida e schiva, non e’ per nulla incline al morso, anche perche’ il veleno e’ per lei la garanzia di procurarsi un buon pasto e non e’ quindi una buona scelta sprecarlo per l’autodifesa, se la fuga puo’ risolvere il problema.
Per una vipera mordere a vuoto equivale a svuotare la carta di credito prima di andare al supermercato a fare la spesa; meglio fare economia e riempirsi la pancia.
Non tutti i proverbi e le tradizioni popolari, per fortuna, sprizzano pregiudizio nei confronti del mondo dei rettili, ma forse e’ solo apparenza.
Sulla costa occidentale del lago, e’ ancor oggi tramandata la leggenda della “bisa squerlera”; si narra infatti che in quella zona vivesse una serpe che si intrufolava nelle case per bere il latte lasciato in offerta dai contadini locali dentro scodelle di legno.
La biscia riconoscente, forse la reincarnazione di una strega, si sdebitava lasciando sul luogo del suo banchetto una moneta d’oro.
La comparsa piu’ o meno frequente della bisa squerlera rappresentava una fonte di ricchezza per i paesani, fino al punto di destare invidie e gelosie tra vicini e, come spesso capita quando di mezzo ci sono i soldi, era il benefattore, o meglio la benefattrice, a fare le spese delle beghe dei suoi beneficiati.
Infatti se qualcuno era particolarmente antipatico, quale migliore vendetta che tirare una badilata sulla testa dell’incolpevole biscia e mandarlo cosi’ sul lastrico?
Messe da parte le baruffe di paese, non e’ difficile immaginare che la leggenda della munifica bisa squerlera possa essere legata alla presenza sui nostri monti di un serpente che molte tradizioni vogliono ghiotto di latte.
D’altra parte una scusa ci voleva per prendersela con l’innocuo “scorzone”, il termine dialettale che indica, secondo le zone, diversi serpenti non velenosi, dal biacco (Coluber viridiflavus) al saettone o colubro di Esculapio, (Zamenis longissimus), il serpente rappresentato nell’emblema delle arti mediche, simbolo di prosperita’, fertilita’ e benessere presso gli antichi greci.
La tradizione popolare li descrive come accaniti degustatori di latte vaccino, al punto di attaccarsi alle mammelle delle mucche per saziarsi e di meritarsi nomi dialettali un po’ ose’, che male starebbero tra queste modeste note. Anche in questo caso sappiamo pero’ che il rettile in questione e’ del tutto innocuo, sia per l’uomo che per gli animali domestici e, come tutti i suoi striscianti colleghi, preferisce una onorevole ritirata ad un inutile attacco; per quanto ci possa seccare ammetterlo, i veri esseri infidi siamo noi, che rifiliamo volentieri una badilata a qualunque cosa si muova sinuosamente sul terreno, per quanto pacifica.
Comunque sia, nonostante “l'urbisoo” ci veda benissimo e la vipera ci senta come piu’ le fa comodo, il mondo continua ad essere quell’affollato pianeta che e’ oggi, a testimonianza di come gli amici striscianti non rappresentino nelle nostre aree un pericolo per l’uomo, ma contribuiscano anzi a mantenere regolata la popolazione dei roditori ed entrino nella catena alimentare, essendo a loro volta vittime di uccelli rapaci ed altri predatori.
Dobbiamo solo imparare ad essere meno schiavi di ignoranza e pregiudizio e guardare al creato per quello che e’, magari facendo atto di umilta’ e riconoscendo i nostri errori.
Chissa’ se, cominciando ad esercitarci con i serpenti, non impareremo a sviluppare la nostra tolleranza e la curiosita’ di conoscere anche i nostri simili, bianchi, neri o di qualunque colore siano.
Vuoi vedere che, imparando a rispettare chi incarna nella fantasia il biblico tentatore, potremo diventare tutti migliori, alla faccia del Peccato Originale?
Che bello smacco sarebbe per chi assunse le sembianze del serpente per condurci alla tentazione; comincio a pensare che davvero egli apparve ad Eva come un bel fusto muscoloso.

Qualcuno vuole un caffe’?