2015 - Storia di un oro tricolore
Fa
un freddo incredibile, alla faccia della canicola che sta squassando
l’Europa centromeridionale e che solo lo scorso week end ha costretto
al ritiro una buona porzione dei partecipanti al campionato
internazionale tedesco.
Vabbè che siamo a mille e tre, tra le montagne del Vysoké Tatry ma
davvero qua, in Repubblica Slovacca, non hanno la minima idea di dove
sia l’estate.
Inutile cercare di pronunciare correttamente il nome della località che
ci ospita: Štrbské Pleso; la giovanissima Kathy, tredici anni per un
metro e settanta di simpatia, ride ai miei goffi tentativi, mi ripete
il nome con la pronuncia giusta e poi ride ancora.
Per partecipare al Campionato Europeo di Nordic Walking siamo venuti
“di lontano”, come fece tanti anni fa il Papa più grande, nato appena
al di là di queste montagne, dove si estende la Polonia.
Mille e quattrocento chilometri di macchina per fare sì che il
tricolore fosse presente a questo evento, visto che l’Italia continua a
essere indifferente all’agonismo internazionale e che quindi spetta
ancora una volta ai comaschi l’onore e l’onere di cercare di portare i
nostri colori in cima al mondo, come abbiamo già fatto in diverse
edizioni dei campionati mondiali e centinaia e centinaia di eventi in
giro per l’Europa.
Diluvia; il tracciato è uno tra i più duri che abbiamo mai incontrato
nelle nostre peregrinazioni europee ed è immerso nella nebbia.
Coraggio starter: spara e facci partire, perché stare qua ad aspettare
al gelo e con tutti i pensieri pre gara che si affollano nella mente
non è una meraviglia. Bang.
Si va per fortuna.
Il percorso è tutto un su e giù, un continuo cambio di terreno, un
continuo cambio di ritmi, un continuo avvicendarsi tra chi è veloce sul
piano e se ne va via sul liscio e tecnico e chi è più agile in salita e
puntualmente ritorna sotto appena il terreno si fa duro.
Gli organizzatori hanno sfruttato le regole internazionali
assolutamente ai limiti, per dare vita a qualcosa di veramente
difficile da interpretare.
“When the going gets tough, the tough get going…” mi sibila
ridacchiando un giudice in risposta alla mia smorfia, mentre attacco un
salitone… però aggiunge subito “dobro dobro”, “bene bene”, avallando la
correttezza della mia tecnica.
La Dani è là davanti: un puntino giallo arancione che risalta bene nel
grigiore della giornata; la vedo pompare come una dannata: la posta in
palio è alta, peraltro.
Dai Dani, tira che questa è la tua temperatura!
Ormai siamo inzuppati e la pioggia quasi non si sente più addosso; la
capricciosa meteo slovacca non ci fa mancare nulla e ci sciorina sul
groppone una bella grandinata.
Giù la testa, almeno per non prendercela in faccia, ma “Nordic Walking”
e “giù la testa” sono due assiomi incompatibili; allora privilegiamo
tecnica e velocità e, con la testa alta, andiamo avanti.
Siamo venuti “di lontano”, ma non per mollare.
Una salita piuttosto ripida è diventata la riproduzione in scala
ridotta delle cascate del Niagara… guardare il suolo per vedere come e
dove appoggiare i bastoni e ricavarne così un migliore carico è utopia
pura.
Si va di istinto, si va di cattiveria, si va di orgoglio e un po’ anche
di disperazione, ma c’è un tricolore ancora ripiegato nella borsa che
aspetta di essere sventolato.
Andrej, vecchio amico e oggi a bordo pista in veste di giudice
internazionale, mi ripete il solito “dobro dobro”, ma aggiunge “Dani is
good”, informandomi che il puntino giallo arancione là davanti sta
combinando qualcosa di buono.
Passa il salitone, passa il mini Niagara e comincia il tratto più
tecnico e più veloce; di certo è qua che la Dani, tecnica sopraffina,
si sta giocando le carte migliori.
La meteo, che parteggia evidentemente per gli atleti di casa, coglie
l’attimo e ci scarica addosso la seconda grandine della giornata, ma
ormai non ci ferma più nessuno. Siamo fango nel fango, siamo grandine
sotto la grandine, ma andiamo come fulmini. “Ehi, meteo slovacca,
i fulmini non ce li hai?”
Lungo e progressivo discesone verso il traguardo; poi una strappatina
da poco che però, fradicia come è, sembra una pista da pattinaggio e
finalmente la dirittura d’arrivo.
Mentre mi tuffo giù per gli ultimi duecento metri in discesa verso il
traguardo sento lo speaker biascicare cose incomprensibili in slovacco,
ma capisco il nome di Daniela e mi pare di intendere qualcosa che suona
come “majster Európy”; non mi serve la giovane Kathy per capire, perché
la Dani è sepolta da mille abbracci.
Mi sa che quel puntino giallo arancione là davanti, quello che andava come uno sparo, ha fatto l’impresa.
Sono al traguardo; quinto mi dicono… niente male per un povero
vecchietto. Vado alla ricerca della Dani in mezzo a mille braccia che
la stringono, a mille mani che la cercano.
“Ehi, ne lasciate un pezzetto per me, per piacere?”
Lei è una maschera fatta di trentadue denti di sorriso, di grandi occhi
lucidi e del solito imbarazzo nello sguardo per essere al centro
dell’attenzione; scoprirò più tardi, guardando le classifiche, che ha
regolato tutti, uomini compresi; campionessa d’Europa; sembra un sogno
ma è tutto vero.
C’è un grande orso in veste di mascotte che attende gli atleti ai piedi
del podio. Invidiamo tutti il figurante che sta dentro quella calda
pelle d’orso: di sicuro se la passa meglio di noi, ormai docciati, ma
con le giacche a vento addosso; il cuore è caldo però.
Poi è la solita sceneggiata con la Dani, campionessa di ritrosia e di
modestia prima ancora che di Nordic Walking, che non ne vuole sapere di
comparire.
“Ma devo andare sul podio?”
“Eh, vedi… se fossi arrivata quarta invece che prima, non ci dovevi andare.”
“Ma devo portare la bandiera?”
“Sì e vedi di mettere i colori dalla parte giusta, non facciamo la figura dei barboni con il rosso a sinistra, eh?”
Mameli fa sempre un certo effetto, mentre il tricolore, col verde al
posto giusto, avvolge le spalle della Dani; finalmente anche lei
sorride e tutti noi sotto ci spelliamo le mani ad applaudire.
Scende dal podio e me la portano via un’altra volta per mille foto con
mille Amici di altrettante nazioni che vogliono portarsi a casa
un’immagine assieme alla neo Campionessa Europea.
L’Italia del Nordic Walking Agonistico Ufficiale è qua, signori, sul gradino più alto d’Europa.
La sera siamo ospiti d’onore alla tavolata degli organizzatori; la
birra slovacca va giù che è una meraviglia e le lingue si fondono in un
crogiolo di italiano, slovacco, inglese, francese, tedesco e chi più ne
ha più ne metta.
La fratellanza della grande famiglia del Nordic Walking Agonistico
Internazionale è un dono per tutti: per chi vince e per chi arriva
ultimo.
La giovane Kathy ride, mi insegna a dire “na zdravie”, “alla salute” in
slovacco e non si accontenta di un solo tocco dei nostri bicchieri, il
mio di birra e il suo di coca cola, ma ne pretende tre: due sul tavolo
e uno tra i bicchieri.
Qua si usa così.
Sua mamma, organizzatrice dell’evento mi dice: “Kathy is in love with you!” e ride con lo stesso sorriso della figlia!
È giunta l’ora di partire; è tornato persino il sole, giusto per rosolarci a puntino sulla strada verso casa.
Grazie Štrbské Pleso, grazie Andrej, grazie Adrian, grazie Daniel,
grazie Eva, grazie Henrieta, grazie Kathy, mia giovane innamorata
slovacca, grazie a tutti gli amici, venuti fino a qua, da tutta Europa
per dare vita a questo evento.
“Talianky, ťažké súperky” ci dicono, che tradotto molto a spanne
significa “italiani, siete stati davvero tosti”, mentre agitano le mani
in segno di saluto.
Speriamo di tornare il prossimo anno: c’è un titolo europeo da difendere.