2016 - Europei d'argento
Siamo
tornati dalla Germania, devastata da un’alluvione che ha lasciato
migliaia di persone senza casa e ha causato diversi morti.
Noi non abbiamo avuto
problemi particolari, se non un viaggio lento e lungo a causa della
pioggia davvero terribile, ma è stato difficile concentrarsi sulla
gara, mentre a pochi chilometri c’erano persone che spalavano il fango
dalle case e seppellivano i propri cari.
Poi abbiamo pensato che, in
situazioni simili, la cosa migliore sia cercare di fare al meglio il
proprio lavoro, per il bene di tutti, perché tutto possa continuare e
si possa ricominciare a guardare in avanti.
Il nostro lavoro è insegnare
il Nordic Walking e praticarlo a livello agonistico ufficiale
internazionale; non servirà a spalare il fango, per carità, ma lo
sport, quello vero, è da sempre uno strumento di fratellanza tra i
popoli e Dio solo sa di quanta fratellanza avranno bisogno quelle
popolazioni in questi giorni e quanta voglia di “normalità” starà
affiorando nel loro animo.
Una normalità che anche il
non rimandare un evento atteso per un anno intero dagli abitanti della
zona, dai media e dagli atleti di tutta Europa avrebbe potuto
contribuire a ricostruire.
E allora abbiamo trovato la
forza di andare avanti, rimettendo la testa dentro l’evento agonistico,
inforcando i bastoni e focalizzando l’attenzione, le emozioni, i
sorrisi della gente e delle televisioni intorno alla nostra
competizione, così popolare e così seguita in tutta la Mitteleuropa.
Il Campionato Europeo 2016
ha dimostrato una crescita tecnico atletica del Nordic Walking
Agonistico Ufficiale Internazionale a dire poco impressionante;
venticinque uomini sotto l’ora nei diecimila metri e quindici donne
sotto 1 ora e 05 minuti, raccontano dove è andato il Nordic Walking
Agonistico.
Abbiamo visto ragazzine poco
più che ventenni esprimersi su riscontri cronometrici che fino a un
paio di anni fa erano di competenza di forse due o tre uomini al mondo.
I tempi della gara maschile
sono impressionanti, ben oltre i limiti che qualcuno diceva essere
insuperabili, appellandosi a presunte leggi della biomeccanica umana
che la pratica ha puntualmente smentito.
Basti pensare che solo pochi
anni fa c'era chi sosteneva che non si potesse neppure più parlare di
Nordic Walking oltre i sei chilometri orari, perché si sarebbe
sicuramente sfociati nella corsa, mentre oggi la competitività inizia
oltre i nove chilometri l'ora per le donne, mentre gli uomini migliori
al mondo marciano oltre gli undici chilometri orari.
Peraltro, persino gli
osservatori più critici e più “di parte”, alcuni dei quali venuti da
lontano apposta per spiarci e per non perdere eventualmente l’occasione
di criticare, hanno dovuto riconoscere la perfezione tecnica dei
migliori classificati, a testimonianza che senza tecnica e senza una
visione internazionale di questo sport non si va da nessuna parte.
I "non tecnici", non hanno
neppure bisogno di istruttori criticatutto che li deridono, restando
tuttavia a bordo pista; semplicemente arrivano dietro e perdono le
gare. Imparano dai migliori e la volta dopo arrivano più efficaci e
meglio impostati, perché arrivare ultimo, ora della fine, non piace a
nessuno.
Sempre di più il Nordic
Walking agonistico Ufficiale Internazionale si conferma quindi come la
vera fucina della crescita e dello sviluppo tecnico del nostro sport,
perché consente di comparare le diverse scuole europee e di aprire la
mente oltre i limiti, sia fisici che mentali, spesso imposti dall'alto,
della propria scuola o della propria ASD autoreferenziale.
I polacchi hanno portato una nazionale giovanissima e preparatissima.
La vincitrice tra le donne
ha ventidue anni e del Nordic Walking posturale, aggregativo,
escursionistico, eccetera, non ha mai sospettato neppure l’esistenza,
né mai ha praticato il Nordic con un ritmo diverso da quello del
ticchettio di un cronometro, né ha mai inforcato i bastoni per andare a
fare una fotografia in una posa buffa con gli amici.
Per lei, come per tutti i
giovani polacchi, il Nordic Walking è uno sport agonistico
internazionale, il cui scopo è fermare un cronometro il prima
possibile.
Con questi presupposti i
giovani di lassù sono attratti a frotte dal nostro sport, mentre è
molto più difficile indirizzare la gioventù verso il Nordic Walking
parlando di salute e di benessere.
Grazie al cielo i ventenni
scoppiano di salute: a quella età non ci si preoccupa del mal di
schiena, ma si cercano il divertimento e la competizione.
Chi lo ha capito ha tanti
ragazzi con i bastoni in mano, meno ragazzi a fare crocchio agli angoli
delle strade con la sigaretta in bocca e meno ragazzi che si avviano
verso sport dai quali provengono esempi di vita non sempre edificanti,
tra le intemperanze di giovani campioni miliardari e il doping che
impera.
Qualcuno invece continua ad
ostinarsi a promuovere il Nordic Walking esclusivamente come strumento
di benessere, oppure disperde le forze inventando formule di
competizione che nulla hanno a che vedere con il Nordic Walking
Agonistico, contribuendo così ad affollare le scuole esclusivamente con
allievi maturi, mentre i ragazzini prendono strade sportive diverse e
per loro più divertenti e magari provano farsi dare un “aiutino”
dall’allenatore per essere più competitivi, o per farsi venire la
tartaruga e sperare che l'ultima coppa vinta, o quel retto addominale
ipertonico, contribuiscano a fare capitolare la ragazzina di turno alla
sera in discoteca.
La gara è stata
assolutamente regolare, grazie agli sforzi degli organizzatori che
hanno lavorato sodo per mantenere il terreno entro i limiti del
regolamento, nonostante le piogge copiosissime e i conseguenti danni
che ne erano derivati.
Un pallido sole ha salutato
la partenza della competizione e ha consentito agli elicotteri della
televisione di fare il loro lavoro e portare la nostra immagine in giro
per il continente.
Non è stato necessario
guardare i cronometri: il rombo del motore di un elicottero che si
levava in volo ha annunciato che mancavano pochi secondi al via e poi
un BANG liberatorio ci ha lanciati sul tracciato.
Il giorno prima, durante le
sedute di ricognizione del tracciato e di rifinitura tecnica ci eravamo
dati un obiettivo preciso: mettere in pratica il Nordic Walking che
sappiamo fare e grazie al quale avevamo già avuto riscontri
cronometrici e tecnici soddisfacenti in altri palcoscenici europei.
Nessuna improvvisazione ed
il meno emozione possibile, ma soltanto un passo dietro l’altro, una
logica visione della gara e nessun timore reverenziale.
Obiettivi dichiarati:
consentire a Daniela, campionessa europea uscente, di difendere il
titolo conquistato in Slovacchia e ritornare sul podio.
Mettere tra le prime dieci
classificate Raffaella, tecnica sopraffina ma ancora gravata
dall’emozione e dalla ridotta esperienza agonistica, e Giorgio, alle
prese con gli anni che si contano a troppe decine, tra i primi
quindici; obiettivi ambiziosi guardandosi intorno nel parterre della
partenza, circondati da giovani, tutti belli, tutti alti, tutti tonici.
Obiettivi ambiziosi, ma obiettivi raggiunti.
Daniela, medaglia d’argento,
ha confermato la sua classe e si avvia a divenire una vera "icona" di
questo sport, essendo tra le pochissime Signore al mondo a reggere alla
pressione delle giovanissime. Raffaella è arrivata settima, ricevendo
ancora una volta tante lodi per la tecnica dimostrata e Giorgio ha
portato i suoi capelli bianchi al dodicesimo posto, resistendo a tanti
ragazzini giovani e fisicamente prestanti.
Tutti e tre abbiamo
polverizzato i nostri personal best sui diecimila metri e abbiamo
migliorato, in termini di diversi minuti, i tempi ottenuti lo scorso
anno sullo stesso tracciato.
Questo dimostra che il lavoro tecnico, se ben fatto, paga sempre.
Gli anni passano, ma noi ci
siamo ancora e anche stavolta abbiamo imparato tanto, abbiamo insegnato
qualcosa e abbiamo tanto di nuovo da offrire a chi ci vuole seguire nel
nostro campo scuola.
Non abbiamo mai avuto la
pretesa di essere i migliori, non pensiamo di essere né “gli unici
giusti”, né “i primi”, né “gli unici autorizzati ad insegnare”.
Siamo solo persone che
lavorano con serietà, si mettono in discussione ogni giorno e sempre lo
faranno, con uno sguardo ed un respiro il più ampio ed il più
internazionale possibile, perché da chi è “diverso” si può imparare.
Gli amici sanno dove trovarci.