A poche migliaia di metri da qua, l’autostrada
si trasforma spesso in una bolgia infernale per gli
automobilisti incolonnati, che attendono pazientemente il
loro turno per accedere al tunnel del San Gottardo dopo
che, a seguito dell’incidente del 2001, il passaggio
delle auto e’ stato limitato a mille veicoli
l’ora per ogni senso di marcia.
Basta invece lasciare l’autostrada all’uscita
di Quinto e ritornare sui propri passi per pochi
chilometri per trovarsi proiettati in un’oasi di
pace e di tranquillita’, pervasa dal profumo del
fieno, dai muggiti delle mucche e dal suono dei loro
campanacci.
Presso il paese di Prato in Leventina, a circa mille
metri di quota, sorge la chiesa di San Giorgio, uno dei
non rarissimi esempi di stile romanico in questa zona,
caratterizzata da uno splendido campanile di sasso a sei
piani ed incastonata nel verde di un pascolo immacolato,
a parte le immancabili tracce fumanti del passaggio delle
mandrie.
All’ingresso della chiesa un cartello scritto a mano
indica di rivolgersi alla custode per avere qualsiasi
informazione: non ci sono indirizzi, ma solo
l’invito a lasciare il sentiero e a percorrere fino
in fondo una scala di sasso…
La scalinata e’ presto trovata; in un paese con
un’unica strada asfaltata e pochi sentieri in erba,
sbagliarsi e’ impossibile, ma la signora non
c’e’: e’ domenica pomeriggio e gli impegni
pastorali sono gia’ stati assolti durante il
mattino.
Fino alla prossima festivita’, San Giorgio
sara’ solo il regno della pace e del silenzio, fatto
salvo qualche passante in cerca di un momento di
raccoglimento.
San Giorgio sorge sulle fondamenta di una preesistente
chiesetta romanica, delle quali si trova menzione
gia’ nei documenti risalenti all’inizio del
XIII secolo; peraltro diversi ritrovamenti archeologici
indicano che la zona fu frequentata fin dall'eta’
del ferro e, in epoca romana, abitata fino ai piedi del
San Gottardo.
Altre vestigia dimostrano che l’evangelizzazione del
Canton Ticino era gia’ in pieno fermento
all’epoca della costruzione di San Giorgio.
Dell’edificio originale rimane lo splendido
campanile a sei ordini, mentre il resto della costruzione
e’ un bell’esempio di architettura rurale, ove
si possono ancora ammirare frammenti delle antiche
decorazioni in stucco ed affreschi risalenti
all’epoca barocca.
Sotto il portico esterno, caratterizzato da una
suggestiva travatura lignea e dalla copertura in pietra,
si osserva l’immagine di San Giorgio, il cui autore
rimane anonimo, che risale probabilmente al periodo a
cavallo tra il XV e il XVI secolo; la Via Crucis,
incastonata nella recinzione in sasso della chiesa,
e’ stata invece restaurata con stile contemporaneo.
Bisogna pero’ ammettere che le linee stilizzate e
moderne delle cappelle che circondano la chiesa non fanno
a cazzotti con la maesta’ del campanile e che, una
volta tanto, nuovo e antico sono stati affiancati con
buon gusto e non soltanto con quello spirito
“demistificatore” che tanto ando’ in voga
qualche decennio fa, quando si voleva ogni immagine sacra
spogliata di qualunque orpello, pensando che la devozione
verso il Padreterno, la Vergine e i Santi non avesse
motivo di essere mediata da oggetto alcuno, ma fosse solo
una faccenda di mente e di spirito.
Forse in quei tempi ci si dimentico’ della gente
semplice, come quella che vive da queste parti, che
dietro ad un’immagine della Madonna, o alla statua
di un santo, non vede solo un legno scolpito o un muro
dipinto, ma il simbolo di una fede che, in qualche modo,
rappresenta le proprie radici ed una luce di speranza per
un futuro piu’ sereno, in questo o nell’altro
mondo.
Persino il Giuanin Guareschi, che di certo uomo di chiesa
non era, in alcuni suoi romanzi racconta con un po’
di amarezza di quei pretini col clergyman, la spiderina
rossa e l’aspetto piu’ da giovanotti rampanti
che non da curati di campagna, in un’epoca in cui la
tonaca e le candele rappresentarono il simbolo di un
passato ingombrante e da dimenticare.
A chi si domandasse il perche’ di una chiesa di tale
pregio in un paesino che ancor oggi conta poco piu’
di quattrocento anime, la risposta e’ presto data.
La Leventina, la vallata che conduce dal passo della
Novena a Biasca, passando a ridosso del massiccio del San
Gottardo, nei secoli scorsi era percorsa da numerose
mandrie, trasferite dalla Svizzera interna per essere
vendute nei mercati del bestiame di Bellinzona, di Milano
o di altre citta’ lombarde.
Ogni autunno migliaia di capi e i relativi mercanti
percorrevano la vallata in tutta la sua lunghezza, circa
cinquanta chilometri, rappresentando un bersaglio ideale
per i malintenzionati, interessati agli animali o ai
marenghi d’oro che i mercanti portavano con se’
per potere perfezionare gli acquisti.
La gola del Piottino, sottostante a Prato in Leventina,
era il luogo ideale per tendere imboscate, poiche’
in quel punto le mandrie incontravano grandi
difficolta’ di cammino e quindi il convoglio veniva
rallentato e compresso nella gola che, in certi punti,
e’ larga appena poche decine di metri.
Franco Gendotti di Rodi, frazione di Prato Leventina,
descrive nella mostra “Dal sentiero…
all'Alptransit”, le difficolta’ del passaggio
in questa zona:
“...Stefani ch'l'era mo’ su la coreisgia indo'
ch'i metevan int i marengh e la campanela… e certi
vacch i metevan i fer parche’ sui sass isci'… i
ruvavan sgio ch'i evan pioo ded ongia: i metevan sott i
fer par pode’ fe’ l viecc.”
Lo Stefani (un mercante, o forse uno dei tanti
uomini di fiducia leventinesi, che accudivano le bestie
durante il tragitto n.d.r.) aveva ancora la correggia
dove metteva dentro i marenghi e il campanaccio… e a
certe vacche mettevano i ferri perche’ sui sassi
cosi’… arrivavano giu’ che non avevano
piu’ unghie: mettevano i ferri sotto gli zoccoli per
poter fare il viaggio.
Per ovviare al rischio di assalti ed alla
difficolta’ di transito, nel corso del XIV secolo fu
costruita una mulattiera che permetteva
l’attraversamento a monte della gola del Piottino,
passando proprio da Prato in Leventina, che divenne
cosi’ un’importante tappa sulla via del
trasferimento delle mandrie.
Mentre i mercanti e i loro uomini di fatica trovavano
conforto corporale nelle locande del paese e spirituale
nella chiesa di San Giorgio, le mucche potevano
rifocillarsi nel soprastante pascolo, il prato, appunto,
che ancor oggi si stende sulla pianeggiante vetta del
monte Piottino, paradiso degli sciatori di fondo durante
l’inverno e degli amanti delle passeggiate durante
il resto dell’anno.
Prato in Leventina divenne cosi’ la sede di
un’importante corporazione di conduttori di animali
da soma e, presto, comincio’ a catalizzare le
attenzioni di quei malintenzionati che poco tempo prima
aspettavano nella gola sottostante il passaggio di
animali e marenghi d’oro.
Alcuni documenti ricordano che nel 1397 fu eretta,
probabilmente dai Visconti, una torre difensiva, con lo
scopo di tenere alla larga i briganti; la torre fu poi
demolita e parte del materiale conflui’ nella
costruzione della chiesa parrocchiale dedicata a San
Giorgio.
I tempi sono cambiati: le mandrie si spostano in treno o
sui camion, i briganti hanno obiettivi diversi e
l’uomo sfrutta a suo vantaggio la conformazione
territoriale di questa zona.
In particolar modo proprio la gola del Piottino che,
cosi’ stretta, da’ forza alle acque del Ticino,
consente il funzionamento della centrale elettrica di
Lavorgo.
Prato in Leventina non vive piu’ della transumanza
delle mandrie ed e’ diventata una piccola ma
graziosa stazione turistica, luogo di partenza di
escursioni durante l’estate e meta degli sciatori di
fondo e discesa durante la stagione fredda.
In poche ore di cammino si possono raggiungere zone di
particolare bellezza, come la regione del Leit, del
Campolungo e del Campo Tencia.
Una menzione particolare merita il lago Tremorgio, a
quota 1800, raggiunto dalla funicolare piu’ ripida
d’Europa, che parte dal vicino paese di Rodi; si
ritiene che il bacino di questo piccolo lago sia stato
costituito dall’impatto di una meteorite, vista la
forma pressoche’ tondeggiante e, soprattutto, gli
inspiegabili segni di elevatissima compressione che
presenta la roccia di cui il bacino stesso e’
composto.
Ottocento metri piu’ a valle il vecchio campanile
vigila su questa placida zona, costellata delle antiche
case di legno tipiche della regione del Gottardo e guarda
con occhio benevolo i passanti che, senza fretta, si
godono l’aria pura e il silenzio.
Pochi chilometri piu’ in la’, il traffico
e’ sempre bloccato…
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