Polenta e preghiere 

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 62 - gennaio 2009




Per chi professa la fede cristiana, l’esistenza del Maligno e’ un dogma sancito dal quarto Concilio Lateranense nel 1215 e ribadito nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, la cui stesura si deve anche al significativo apporto del nostro compianto Vescovo Alessandro Maggiolini, unico teologo italiano ad essere convocato al proposito da Giovanni Paolo II.
Peraltro anche buona parte delle altre religioni, ormai ben rappresentate nella nostra multietnica societa’, sono concordi nel riconoscere l’esistenza di “qualcuno” la cui principale attivita’ e’ quella di cercare di distogliere l’essere umano dalla sua crescita spirituale, per ricondurlo ad una piu’ terrena, meno virtuosa e forse umanamente piu’ soddisfacente carnalita’, al fine di riuscire, nel giorno supremo, a fare piombare l’anima del disgraziato nell’eterno castigo.
Nel corso dei secoli l’iconografia classica ha raffigurato il demonio sotto innumerevoli apparenze, a cominciare dal biblico serpente che inganno’ Eva, passando attraverso l’immagine di quel tipo con le zampe caprine e l’andatura claudicante, per finire al piu’ attuale look rosso fuoco e ad una figura al passo con i tempi, attenta ai chili di troppo, con le corna, la coda uncinata ed un ghigno beffardo stampato sul viso, senza dimenticare l’improbabile forcone tra le mani.
Dubito pero’ che il signore delle tenebre avrebbe successo, se pensasse di apparire cosi’ conciato al giorno d’oggi; oltre ad essere confuso con uno dei piu’ noti tifosi del ciclismo nostrano, qualcuno gli rammenterebbe che Halloween e’ passato da un pezzo e di certo rischierebbe di essere sottoposto al test dell’etilometro dalla Polstrada, perche’ di questi tempi e’ bene verificare se un tizio che va a spasso cosi’ bardato non sia per caso pieno di alcool oltre misura.
Ma lui, principe di questo mondo, non si fa di certo cogliere impreparato dall’evoluzione della societa’ e modernizza i suoi espedienti per riuscire ad avvicinare anime fragili da portare alla perdizione.
Un esempio di quanto sopra lo potete toccare con mano recandovi sul Piazzale CAO, sopra Brunate, dove l’asfalto lascia spazio ai sentieri che si snodano lungo i nostri monti.
Qui, all’avvicinarsi dell’ora di pranzo, tra mille possibili look e svariati stadi di aggregazione della materia, il vecchio tentatore sceglie di manifestarsi allo stato gassoso per fare il suo onesto lavoro e di certo non fa fatica a cogliere nel segno.
Come e’ difficile, infatti, restare concentrati nella preghiera presso il locale Santuario dedicato a Santa Rita, mentre da alcuni ristoranti vicini si diffonde nell’aria un irresistibile profumo di polenta e stufato…
Bisogna davvero essere dei mistici convinti per evitare che le buone intenzioni vadano, e’ il caso di dirlo, a farsi benedire, mentre le narici, solleticate da una simile delizia, rendono ancora piu’ vivace il languorino nello stomaco, gia’ stimolato dai quasi mille metri di quota e dall’aria sopraffina.
La lotta tra il bene e il male, tra la buona e la cattiva coscienza, o forse piu’ semplicemente tra la voglia di polenta e l’impegno della preghiera, si rinnova ogni giorno nei paraggi del Santuario, il piu’ piccolo d’Europa, edificato quasi settanta anni fa.
Era l’anno 1940 e la guerra stava incendiando il mondo.
Nonostante il conflitto fosse solo all’inizio, le notizie che arrivavano dal fronte erano gia’ tragiche e parlavano di migliaia di caduti tra i nostri soldati, primi tra tutti gli alpini, protagonisti di atti di ineguagliato eroismo.
Dalla volonta’ di Don Giuseppe Grassi nacque cosi’ il Santuario di Santa Rita, per il suffragio dei caduti e per elevare preghiere al cielo affinche’ gli scampati tornassero presto a casa.
Non conosco i motivi che portarono alla scelta del luogo di edificazione, ma certo non si poteva fare di meglio per ricordare uomini legati alla montagna fino al sacrificio estremo, visto il panorama che nelle belle giornate si puo’ ammirare da questo balcone naturale.
Sporgendosi verso nord lo sguardo e’ libero di spaziare lungo il lago, fino a cogliere le prime montagne della Valtellina; dall’altra parte e’ un tripudio di cime, culminanti nell’inconfondibile figura del massiccio del Monte Rosa, passando attraverso i picchi della zona del Passo del Sempione e, piu’ in la’, dell’Oberland Bernese, per perdersi poi piu’ a sud nella solitaria cima del Monviso.
Attraversando il piazzale e sbirciando nei varchi lasciati liberi dalla vegetazione, si vede la zona del canturino, poi Milano ad un passo e laggiu’, ecco l’Appennino ergersi dalla nebbia.
Basta questo colpo d’occhio a mantenere ben viva la memoria di chi combatte’ e si sacrifico’ sulle montagne ed assieme a loro, rivivono nel cuore dei fedeli raccolti in preghiera anche tutti gli ardimentosi che persero la vita sulle montagne, non spinti dalla tragedia della guerra, ma dal loro enorme amore per le vette alpine.
La prima pietra venne posata dall’allora Vescovo di Como Monsignor Macchi il 15 giugno 1941 e la chiesetta fu finalmente aperta al culto nel 1943, riccamente decorata nel suo interno dagli affreschi dell’architetto Piero Clerici.
La dedicazione del Santuario a Santa Rita da Cascia, appare quanto mai appropriato; quando l’estendersi del conflitto sembro’ rendere impossibile il ritorno di padri, mariti, fratelli, figli, chissa’ quanti furono i fedeli che invocarono l’intercessione di Rita, la “Santa degli impossibili", colei che fin dal giorno della sua morte manifesto’ la propria santita’ attraverso miracoli tanto prodigiosi da sembrare impossibili e sempre a favore degli umili, dei malati, dei dispersi dal vento della vita.
D’altra parte come avrebbe potuto la Santa, con il suo desiderio di pace e la sua capacita’ di vivere la sofferenza, non sentirsi particolarmente vicina ai nostri ragazzi che combattevano al fronte?
Come Dio volle la guerra volse al termine e i sopravvissuti tornarono alle loro dimore; da allora il Santuario di Santa Rita e’ meta di pellegrini, di appassionati della montagna, o di semplici turisti della domenica, che non dimenticano una breve sosta di preghiera prima di mettersi in cammino.
Durante i mesi invernali la chiesina offre un ottimo spunto per una veloce passeggiata fuori dal caos cittadino senza dovere allontanarsi troppo, perche’ le giornate sono corte e la neve, il ghiaccio ed il traffico di rientro dai campi di sci mortificano la voglia di muovere l’automobile.
Per arrivare quassu’ potete dimenticarvi tranquillamente la macchina nel garage; basta passeggiare sul lungo lago fino alla stazione della funicolare, godervi la salita verso Brunate immersi in un panorama mozzafiato e poi con il pulmino raggiungere il piazzale CAO.
Se avete buone gambe ed un po’ di buona volonta’, il percorso dalla funicolare al Santuario e’ tranquillamente percorribile a piedi, lungo l’asfalto o, se non c’e’ troppa neve in giro, lungo le mulattiere, che “tirano” un po’ di piu’ ma accorciano non di poco il tracciato.
I mesi invernali offrono il non trascurabile vantaggio di una maggiore tranquillita’ lungo il cammino; nulla a che vedere con i periodi estivi, quando la strada e’ davvero molto battuta da troppe e troppo ingombranti automobili.
L’aria limpidissima e la visibilita’, non mortificata dalla foschia estiva, fanno il resto, rendendo indimenticabile la vostra passeggiata.
Purtroppo il Santuario e’ aperto solo raramente al culto e la Messa viene celebrata con regolarita’ esclusivamente nei mesi estivi.
E’ un peccato che, in una posizione cosi’ suggestiva ed in un contesto tanto particolare, i turisti debbano accontentarsi di sostare in preghiera sotto il portico della chiesina; sarebbe davvero bello che qualcuno si rendesse disponibile a garantire un’apertura della chiesa in orari regolari e che si potesse celebrare almeno una funzione alla domenica durante tutto il corso dell’anno.
Comunque questo non e’ un buon motivo per lasciarsi scoraggiare: il luogo vale una visita e anche le preghiere elevate a Santa Rita dal portico dell’edificio, ne sono certo, sortiranno il loro effetto.
E quando arriva l’ora di pranzo, nessun problema; vi sono diversi ottimi locali nella zona.
Trovarli e’ semplice: basta seguire il profumo e, anche se adesso ne conoscete la vera origine, non abbiate paura ad inalarlo a pieni polmoni e a gustarvi un meritato pranzetto: c’e’ la Santa che veglia su di voi.