Per
chi professa la fede cristiana, l’esistenza del Maligno e’ un dogma
sancito dal quarto Concilio Lateranense nel 1215 e ribadito nel
Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, la cui stesura si deve anche
al significativo apporto del nostro compianto Vescovo Alessandro
Maggiolini, unico teologo italiano ad essere convocato al proposito da
Giovanni Paolo II.
Peraltro anche buona parte delle altre religioni, ormai ben
rappresentate nella nostra multietnica societa’, sono concordi nel
riconoscere l’esistenza di “qualcuno” la cui principale
attivita’ e’ quella di cercare di distogliere l’essere umano dalla
sua crescita spirituale, per ricondurlo ad una piu’ terrena, meno
virtuosa e forse umanamente piu’ soddisfacente carnalita’, al fine
di riuscire, nel giorno supremo, a fare piombare l’anima del
disgraziato nell’eterno castigo.
Nel corso dei secoli l’iconografia classica ha raffigurato il demonio
sotto innumerevoli apparenze, a cominciare dal biblico serpente che
inganno’ Eva, passando attraverso l’immagine di quel tipo con le
zampe caprine e l’andatura claudicante, per finire al piu’ attuale
look rosso fuoco e ad una figura al passo con i tempi, attenta ai chili
di troppo, con le corna, la coda uncinata ed un ghigno beffardo stampato
sul viso, senza dimenticare l’improbabile forcone tra le mani.
Dubito pero’ che il signore delle tenebre avrebbe successo, se
pensasse di apparire cosi’ conciato al giorno d’oggi; oltre ad
essere confuso con uno dei piu’ noti tifosi del ciclismo nostrano,
qualcuno gli rammenterebbe che Halloween e’ passato da un pezzo e di
certo rischierebbe di essere sottoposto al test dell’etilometro dalla
Polstrada, perche’ di questi tempi e’ bene verificare se un tizio
che va a spasso cosi’ bardato non sia per caso pieno di alcool oltre
misura.
Ma
lui, principe di questo mondo, non si fa di certo cogliere impreparato
dall’evoluzione della societa’ e modernizza i suoi espedienti per
riuscire ad avvicinare anime fragili da portare alla perdizione.
Un esempio di quanto sopra lo potete toccare con mano recandovi sul
Piazzale CAO, sopra Brunate, dove l’asfalto lascia spazio ai sentieri
che si snodano lungo i nostri monti.
Qui, all’avvicinarsi dell’ora di pranzo, tra mille possibili look e
svariati stadi di aggregazione della materia, il vecchio tentatore
sceglie di manifestarsi allo stato gassoso per fare il suo onesto lavoro
e di certo non fa fatica a cogliere nel segno.
Come e’ difficile, infatti, restare concentrati nella preghiera presso
il locale Santuario dedicato a Santa Rita, mentre da alcuni ristoranti
vicini si diffonde nell’aria un irresistibile profumo di polenta e
stufato…
Bisogna davvero essere dei mistici convinti per evitare che le buone
intenzioni vadano, e’ il caso di dirlo, a farsi benedire, mentre le
narici, solleticate da una simile delizia, rendono ancora piu’ vivace
il languorino nello stomaco, gia’ stimolato dai quasi mille metri di
quota e dall’aria sopraffina.
La lotta tra il bene e il male, tra la buona e la cattiva coscienza, o
forse piu’ semplicemente tra la voglia di polenta e l’impegno della
preghiera, si rinnova ogni giorno nei paraggi del Santuario, il piu’
piccolo d’Europa, edificato quasi settanta anni fa.
Era l’anno 1940 e la guerra stava incendiando il mondo.
Nonostante il conflitto fosse solo all’inizio, le notizie che
arrivavano dal fronte erano gia’ tragiche e parlavano di migliaia di
caduti tra i nostri soldati, primi tra tutti gli alpini, protagonisti di
atti di ineguagliato eroismo.
Dalla volonta’ di Don Giuseppe Grassi nacque cosi’ il Santuario di
Santa Rita, per il suffragio dei caduti e per elevare preghiere al cielo
affinche’ gli scampati tornassero presto a casa.
Non conosco i motivi che portarono alla scelta del luogo di
edificazione, ma certo non si poteva fare di meglio per ricordare uomini
legati alla montagna fino al sacrificio estremo, visto il panorama che
nelle belle giornate si puo’ ammirare da questo balcone naturale.
Sporgendosi verso nord lo sguardo e’ libero di spaziare lungo il lago,
fino a cogliere le prime montagne della Valtellina; dall’altra parte
e’ un tripudio di cime, culminanti nell’inconfondibile figura del
massiccio del Monte Rosa, passando attraverso i picchi della zona del
Passo del Sempione e, piu’ in la’, dell’Oberland Bernese, per
perdersi poi piu’ a sud nella solitaria cima del Monviso.
Attraversando il piazzale e sbirciando nei varchi lasciati liberi dalla
vegetazione, si vede la zona del canturino, poi Milano ad un passo e
laggiu’, ecco l’Appennino ergersi dalla nebbia.
Basta questo colpo d’occhio a mantenere ben viva la memoria di chi
combatte’ e si sacrifico’ sulle montagne ed assieme a loro, rivivono
nel cuore dei fedeli raccolti in preghiera anche tutti gli ardimentosi
che persero la vita sulle montagne, non spinti dalla tragedia della
guerra, ma dal loro enorme amore per le vette alpine.
La prima pietra venne posata dall’allora Vescovo di Como Monsignor
Macchi il 15 giugno 1941 e la chiesetta fu finalmente aperta al culto
nel 1943, riccamente decorata nel suo interno dagli affreschi
dell’architetto Piero Clerici.
La dedicazione del Santuario a Santa Rita da Cascia, appare quanto mai
appropriato; quando l’estendersi del conflitto sembro’ rendere
impossibile il ritorno di padri, mariti, fratelli, figli, chissa’
quanti furono i fedeli che invocarono l’intercessione di Rita, la
“Santa degli impossibili", colei che fin dal giorno della sua
morte manifesto’ la propria santita’ attraverso miracoli tanto
prodigiosi da sembrare impossibili e sempre a favore degli umili, dei
malati, dei dispersi dal vento della vita.
D’altra parte come avrebbe potuto la Santa, con il suo desiderio di
pace e la sua capacita’ di vivere la sofferenza, non sentirsi
particolarmente vicina ai nostri ragazzi che combattevano al fronte?
Come Dio volle la guerra volse al termine e i sopravvissuti tornarono
alle loro dimore; da allora il Santuario di Santa Rita e’ meta di
pellegrini, di appassionati della montagna, o di semplici turisti della
domenica, che non dimenticano una breve sosta di preghiera prima di
mettersi in cammino.
Durante i mesi invernali la chiesina offre un ottimo spunto per una
veloce passeggiata fuori dal caos cittadino senza dovere allontanarsi
troppo, perche’ le giornate sono corte e la neve, il ghiaccio ed il
traffico di rientro dai campi di sci mortificano la voglia di muovere
l’automobile.
Per arrivare quassu’ potete dimenticarvi tranquillamente la macchina
nel garage; basta passeggiare sul lungo lago fino alla stazione della
funicolare, godervi la salita verso Brunate immersi in un panorama
mozzafiato e poi con il pulmino raggiungere il piazzale CAO.
Se avete buone gambe ed un po’ di buona volonta’, il percorso dalla
funicolare al Santuario e’ tranquillamente percorribile a piedi, lungo
l’asfalto o, se non c’e’ troppa neve in giro, lungo le mulattiere,
che “tirano” un po’ di piu’ ma accorciano non di poco il
tracciato.
I mesi invernali offrono il non trascurabile vantaggio di una maggiore
tranquillita’ lungo il cammino; nulla a che vedere con i periodi
estivi, quando la strada e’ davvero molto battuta da troppe e troppo
ingombranti automobili.
L’aria limpidissima e la visibilita’, non mortificata dalla foschia
estiva, fanno il resto, rendendo indimenticabile la vostra passeggiata.
Purtroppo il Santuario e’ aperto solo raramente al culto e la Messa
viene celebrata con regolarita’ esclusivamente nei mesi estivi.
E’ un peccato che, in una posizione cosi’ suggestiva ed in un
contesto tanto particolare, i turisti debbano accontentarsi di sostare
in preghiera sotto il portico della chiesina; sarebbe davvero bello che
qualcuno si rendesse disponibile a garantire un’apertura della chiesa
in orari regolari e che si potesse celebrare almeno una funzione alla
domenica durante tutto il corso dell’anno.
Comunque questo non e’ un buon motivo per lasciarsi scoraggiare: il
luogo vale una visita e anche le preghiere elevate a Santa Rita dal
portico dell’edificio, ne sono certo, sortiranno il loro effetto.
E quando arriva l’ora di pranzo, nessun problema; vi sono diversi
ottimi locali nella zona.
Trovarli
e’ semplice: basta seguire il profumo e, anche se adesso ne conoscete
la vera origine, non abbiate paura ad inalarlo a pieni polmoni e a
gustarvi un meritato pranzetto: c’e’ la Santa che veglia su di voi.
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