Doping is cheating
Con il calcio, contro il doping
Evidenze scientifiche e strategie di intervento nella lotta contro il doping in Italia

Pontedera - 2/3 dicembre 2002


Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Il Medico sportivo" n. 5 - 2002 (4-5)



Doping is cheating, il doping e’ un imbroglio; gia’ nello scorso secolo, l’International Olympic Committee Medical Code aveva liquidato senza mezze misure il fenomeno doping, sentenziando in una sola breve frase che chi avesse fatto uso di sostanze particolari per aumentare le proprie prestazioni sportive era un imbroglione e come tale andava trattato.
Ma la natura umana e’ debole e la gloria ha sempre fatto gola; vi sono tracce di un singolare giuramento col quale i lottatori dell’antica Britannia garantivano di non avere assunto erbe magiche prima degli incontri, ne’ avere stretto patti col maligno.
Il doping e’ quindi tutto, meno che una storia limitata ai nostri giorni.
Ippocrate, nel quinto secolo avanti Cristo ebbe a scrivere sugli effetti negativi dell’iperalimentazione alla quale erano sottoposti i gladiatori, attraverso la quale si pensava “che la forza del toro entrasse nell’uomo”, ma fu poi Galeno di Pergamo, circa seicento anni dopo, a redigere una vera casistica del fenomeno ed a realizzare quello che oggi chiameremmo un lavoro clinico sull’argomento.
Peraltro, sia Ippocrate che Galeno, padri della medicina moderna, gettarono le basi per una visione “chimica” e quindi in qualche modo modificabile, del corpo umano.
La storia poi narra come, durante l’antichita’, i soldati e persino i cavalli assumessero generose quantita’ di idromele per essere piu’ prestanti e coraggiosi, o probabilmente piu’ incoscenti, durante i combattimenti.
Molti secoli dopo, il Museo Piaggio “Giovanni Alberto Agnelli” di Pontedera (Pisa) e’ stata teatro di una importante due giorni congressuale che ha visto impegnati i massimi esponenti del panorama calcistico italiano, alla ricerca di una risposta chiara ed univoca al fenomeno doping che recentemente ho travolto il mondo del calcio.
In un convegno promosso dalla stessa Fondazione Piaggio, dalla F.I.G.C, Federazione Italiana Giuoco Calcio, nonche’ dal Ministero della Salute, dal Ministero dei Beni ed Attivita’ Culturali e dal Ministero dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca, dirigenti, giornalisti, legali, medici, politici, ex calciatori ed universitari hanno dato vita ad un dibattito sul tema “Con il Calcio, contro il doping”, dal quale sono scaturite indicazioni precise per i comportamenti futuri da adottare nello sport piu’ amato dagli italiani.
Interessante la relazione introduttiva di Innocenzo Mazzini, Vice Presidente della F.I.G.C, particolarmente attento al fenomeno doping non tanto a livelli agonistici elevatissimi, ma preoccupato per la crescente diffusione a livello giovanile e dilettantistico.
La F.I.G.C, assicura Mazzini, e’ la Federazione che vanta il maggior numero di controlli effettuati al mondo ed e’ forte delle esperienze che vengono dai recenti Campionati Mondiali disputati in Corea e Giappone, che hanno rappresentato la prima manifestazione ove sono stati effettuati controlli crociati su sangue ed urine.
Mazzini continua dicendo che la F.I.G.C, onde favorire un ambiente sano per i giovani, non minato dalla voglia di diventare campioni a tutti i costi, ha da tempo introdotto la pratica di non stilare classifiche ne’ valutare i risultati delle partite giocate da bambini al di sotto di determinate eta’, i quali sono liberi quindi di giocare per il solo piacere di farlo, senza vincenti e sconfitti, senza arbitri, senza l’affanno del goal.
Fornire un ambiente sportivo ma non esasperatamente competitivo, e’ la chiave di volta che la F.I.G.C. reputa indispensabile per arginare il problema doping.
Gli fa eco la voce dell’Associazione Italiana Calciatori (AIC), rappresentata dall’ex calciatore Piero Volpi, attualmente medico sociale in serie A.
Il calcio, dice Volpi, purtroppo da qualche anno e’ diventato bersaglio del doping, nonostante sia uno sport di squadra e non individuale, nonostante da sempre si ritenesse che fosse una attivita’ in cui la destrezza, il senso tattico, la buona tecnica individuale avessero la prevalenza sulla fisicita’.
Nel calcio professionistico poi, gli impegni sempre piu’ ravvicinati, la mancanza di recupero e riposo fra gara e gara, la pressoche’ scomparsa di una preparazione d’inizio stagione graduale e progressiva, rappresentano indubbi fattori di rischio.
La proposta dell’Associazione Italiana Calciatori e’ quella di ridurre la ricerca estrema della fisicita’, riportando il calcio ai suoi ingredienti naturali: tecnica, tattica, corsa, forza e non viceversa; sollecitare dunque gli allenatori, i preparatori, i fisiologi e i medici sportivi a trovare nelle metodologie di allenamento, nello studio delle applicazioni tecniche e tattiche, nella scienza dell’alimentazione, quei miglioramenti delle prestazioni che non devono essere cercati con l’apporto farmacologico.
A livello giovanile si raccomanda un’informazione corretta e chiara, comunicando e consigliando ai giocatori una maggior vigilanza e sensibilizzazione al problema, mentre ai giocatori professionisti si chiede maggior responsabilita’, ricordando loro i principi piu’ semplici di tutela della salute, ma anche di comportamenti corretti per un movimento che vive dell’immagine di questi grandi campioni.
Inoltre l’Associazione Italiana Calciatori lancia un grido di allarme, ricordando che in campo medico stiamo da tempo vivendo l’era genomica; questo fatto non dovra’ trovarci spiazzati, almeno sulle conoscenze di possibili e potenziali prestazioni di atleti ingegnerizzati.
Interessanti gli interventi di Giovanni Verde, Presidente della Procura Antidoping del C.O.N.I e dell’On. Mario Pescante, Sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali.
Pur parlando un linguaggio prettamente legale e, come tale, abbastanza alieno alle orecchie dell’inviato de “Il Medico Sportivo”, Verde e’ stato molto incisivo sulla suddivisione dei compiti tra Autorita’ Sportiva, la cui finalita’ deve essere primariamente quella di tutelare la regolarita’ delle gare ed Autorita’ Legale, che deve invece tutelare la salute degli atleti, applicando all’uopo adeguate sanzioni.
Sanzioni invocate a gran voce dall’On. Pescante, che vede un grande rischio nel problema doping a livello del calcio. Egli teme che gli stadi possano diventare una sorta di microcosmo dove tutto e’ depenalizzato: risse, aggressioni, perfino bombe carta sono ormai all’ordine del giorno e, se fuori dallo stadio farebbero scattare immediati provvedimenti di carattere giudiziario o penale, spesso all’interno degli stadi vengono stigmatizzate ma passano poi impuni.
Vedere un campione che fa uso di doping potrebbe spingere i giovani a ritenere lecita questa pratica, con le conseguenze facilmente immaginabili.
Comunque, sia Verde che Pescante auspicano la piu’ stretta collaborazione tra Autorita’ Legale e Sportiva, senza ingerenze ma con massimo scambio di informazioni.
L’intervento di Francesco Capua, Presidente della Commissione antidoping F.I.G.C. rappresenta uno degli eventi piu’ attesi da parte dei professionisti della comunicazione.
Aleggia infatti nell’aria la promessa di qualcosa di speciale, destinato a fare del meeting di Pontedera non il solito convegno “tante parole e pochi fatti”, ma il punto di svolta verso una lotta contro il doping piu’ severa e piu’ fattiva.
Capua e’ chiaro ed incisivo: dal 2003 verranno introdotti controlli crociati sangue-urine nel calcio!
Se le strutture saranno pronte, questo sara’ possibile gia’ nel girone di ritorno del campionato attualmente in corso, altrimenti dall’inizio della prossima stagione.
Si tratta di una proposta che trova tutti concordi, anche il Dr. Enrico Castellacci, presidente della Libera Associazione Medici del Calcio, che, secondo le sue parole, vanta la primogenitura dell’idea.
I controlli saranno effettuati secondo canoni di assoluta casualita’, come gia’ avviene attualmente, con una metodica alquanto raffinata che garantisce sia le societa’ che i calciatori sulla totale casualita’ che governa la determinazione dei soggetti indagati e fa in modo che la frequenza dell’evento per ogni calciatore sia dipendente dal nunero di presenze in squadra; in definitiva, chi gioca di piu’ ed e’ quindi piu’ performante, ha maggiori possibilita’ di incorrere in un controllo antidoping.
Sara’ comunque garantito anche l’aspetto quantitativo dei controlli, che ha visto una crescita costante nel tempo, passando dai circa 2.700 test effettuati dalla F.I.G.C. ne 1987 agli oltre 5.000 dell’anno 2000.
E’ chiaro che questa nuova metodica, associata alla necessita’ di non diminuire quantitativamente il numero dei test, investira’ il Laboratorio Antidoping dell’Acquacetosa di nuove problematiche, dice Francesco Botre’, responsabile del suddetto centro, ma ci faremo trovare pronti.
Botre’ e’ fiducioso sulle potenzialita’ del laboratorio da lui diretto, che oggi disimpegna una notevole mole di lavoro, ricercando oltre 250 molecole in migliaia di campioni di urine l’anno.
Metodiche di indagine rigorosa consentono uno screening estremamente accurato e i campioni non assolutamente negativi vengono sottoposti ad una serie di controanalisi prima di essere definitivamente accantonati o prima che l’atleta venga indagato per uso di doping.
Presto saranno disponibili nuovi test per una piu’ accurata ricerca dell’eritropoietina ed altre metodiche di indagine piu’ fini per la valutazione di molecole dopanti quali il nandrolone.
L’introduzione dei test ematici ovviamente creera’ problemi di ordine logistico e strumentale ma non vi sono dubbi che da parte della Federcalcio si renderanno disponibili i finanziamenti necessari all’adattamento delle strutture ed e’ auspicabile che la normativa che regolamentera’ il nuovo regime di test antidoping a partire dal 2003 sia chiara e facilmente standardizzabile, onde potere creare una armonizzazione di vedute tra i vari Enti e Federazioni, al fine di snellire i lavori ed evitare polemiche.
Tocca a Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto di Igiene dell’Universita’ Cattolica di Roma e Componente della Commissione Antidoping della F.I.G.C. il compito di concludere i lavori, stilando le linee guida per il futuro e presentando un protocollo finale di intesa.
Ovviamente, oltre ad estendere i controlli al sangue, molto c’e’ da fare e tutte le decisioni che verranno prese inseguito al meeting di Pontedera dovranno essere caratterizzate da rapida operativita’ ed estrema dinamicita’, perche’ l’esperienza insegna che il doping corre piu’ della ricerca medica.
E’ inoltre necessario che dal punto di vista medico venga meglio definito il limite tra fisiologico e non fisiologico, o addirittura patologico ed all’uopo si auspica l’istituzione di database completi ed aggiornati contenenti le piu’ recenti evidenze scientifiche sull’argomento.
Soprattutto si dovra’ ribadire con ogni mezzo il concetto di eticita’ dello sport, facilitare il dialogo tra i diversi organismi delegati alla lotta al doping e negoziare con le societa’ professionistiche ritmi di lavoro piu’ ridotti e tempi di recupero adeguati.
La medicina sportiva dovra’ potenziare la ricerca e metterla in pratica, nonche’ elaborare nuovi protocolli operativi come quello dei controlli crociati sangue-urine.
Il messaggio che viene da Pontedera e’ chiaro: bisogna essere vigili e lavorare in concerto, perche’ chi si occupa di doping ha molte piu’ risorse di chi lo combatte.
Solo dallo sforzo comune tra mondo medico, legale, giurispridenziale e manageriale, nonche’ dal grande supporto dei mezzi di comunicazione di massa, potranno scaturire risultati che portino il mondo dello sport ad uniformarsi al motto della WADA, la World Anti-doping Agency che recita”Think positive, text negative”.
Su tutte queste considerazioni aleggia lo spettro dell’ingegneria genetica e della possibilita’ di vedere scendere in campo, non molto in la’ nel tempo, atleti costruiti in laboratorio.
La presenza in sala congressuale di alcune centinaia di giovani liceali, che hanno vivacemente partecipato alle discussioni testimoniando la loro voglia di divertirsi in maniera sana e naturale, fa ben sperare per il futuro imminente, ma da loro stessi giunge un monito che chi di dovere non potra’ sottovalutare: la mitizzazione dei campioni, i loro superguadagni, le loro vite dorate rischiano di essere un richiamo irresistibile anche per chi non ha le qualita’ per emergere.
Sono quindi in prima istanza loro, i divi del calcio, che devono sentire il dovere di porsi in maniera positiva nei confronti dei giovani, stigmatizzando energicamente tutto cio’ che non viene ottenuto esclusivamente con allenamento, tecnica e sacrificio.
Da loro puo’ venire il messaggio piu’ incisivo ed efficace; il loro deve essere un modello positivo di agonismo, fair play, onesta’ sportiva e professionale.