Doping is cheating, il doping e’ un imbroglio;
gia’ nello scorso secolo, l’International
Olympic Committee Medical Code aveva liquidato senza
mezze misure il fenomeno doping, sentenziando in una sola
breve frase che chi avesse fatto uso di sostanze
particolari per aumentare le proprie prestazioni sportive
era un imbroglione e come tale andava trattato.
Ma la natura umana e’ debole e la gloria ha sempre
fatto gola; vi sono tracce di un singolare giuramento col
quale i lottatori dell’antica Britannia garantivano
di non avere assunto erbe magiche prima degli incontri,
ne’ avere stretto patti col maligno.
Il doping e’ quindi tutto, meno che una storia
limitata ai nostri giorni.
Ippocrate, nel quinto secolo avanti Cristo ebbe a
scrivere sugli effetti negativi
dell’iperalimentazione alla quale erano sottoposti i
gladiatori, attraverso la quale si pensava “che la
forza del toro entrasse nell’uomo”, ma fu poi
Galeno di Pergamo, circa seicento anni dopo, a redigere
una vera casistica del fenomeno ed a realizzare quello
che oggi chiameremmo un lavoro clinico
sull’argomento.
Peraltro, sia Ippocrate che Galeno, padri della medicina
moderna, gettarono le basi per una visione
“chimica” e quindi in qualche modo
modificabile, del corpo umano.
La storia poi narra come, durante l’antichita’,
i soldati e persino i cavalli assumessero generose
quantita’ di idromele per essere piu’ prestanti
e coraggiosi, o probabilmente piu’ incoscenti,
durante i combattimenti.
Molti secoli dopo, il Museo Piaggio “Giovanni
Alberto Agnelli” di Pontedera (Pisa) e’ stata
teatro di una importante due giorni congressuale che ha
visto impegnati i massimi esponenti del panorama
calcistico italiano, alla ricerca di una risposta chiara
ed univoca al fenomeno doping che recentemente ho
travolto il mondo del calcio.
In un convegno promosso dalla stessa Fondazione Piaggio,
dalla F.I.G.C, Federazione Italiana Giuoco Calcio,
nonche’ dal Ministero della Salute, dal Ministero
dei Beni ed Attivita’ Culturali e dal Ministero
dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca,
dirigenti, giornalisti, legali, medici, politici, ex
calciatori ed universitari hanno dato vita ad un
dibattito sul tema “Con il Calcio, contro il
doping”, dal quale sono scaturite indicazioni
precise per i comportamenti futuri da adottare nello
sport piu’ amato dagli italiani.
Interessante la relazione introduttiva di Innocenzo
Mazzini, Vice Presidente della F.I.G.C, particolarmente
attento al fenomeno doping non tanto a livelli agonistici
elevatissimi, ma preoccupato per la crescente diffusione
a livello giovanile e dilettantistico.
La F.I.G.C, assicura Mazzini, e’ la Federazione che
vanta il maggior numero di controlli effettuati al mondo
ed e’ forte delle esperienze che vengono dai recenti
Campionati Mondiali disputati in Corea e Giappone, che
hanno rappresentato la prima manifestazione ove sono
stati effettuati controlli crociati su sangue ed urine.
Mazzini continua dicendo che la F.I.G.C, onde favorire un
ambiente sano per i giovani, non minato dalla voglia di
diventare campioni a tutti i costi, ha da tempo
introdotto la pratica di non stilare classifiche ne’
valutare i risultati delle partite giocate da bambini al
di sotto di determinate eta’, i quali sono liberi
quindi di giocare per il solo piacere di farlo, senza
vincenti e sconfitti, senza arbitri, senza l’affanno
del goal.
Fornire un ambiente sportivo ma non esasperatamente
competitivo, e’ la chiave di volta che la F.I.G.C.
reputa indispensabile per arginare il problema doping.
Gli fa eco la voce dell’Associazione Italiana
Calciatori (AIC), rappresentata dall’ex calciatore
Piero Volpi, attualmente medico sociale in serie A.
Il calcio, dice Volpi, purtroppo da qualche anno e’
diventato bersaglio del doping, nonostante sia uno sport
di squadra e non individuale, nonostante da sempre si
ritenesse che fosse una attivita’ in cui la
destrezza, il senso tattico, la buona tecnica individuale
avessero la prevalenza sulla fisicita’.
Nel calcio professionistico poi, gli impegni sempre
piu’ ravvicinati, la mancanza di recupero e riposo
fra gara e gara, la pressoche’ scomparsa di una
preparazione d’inizio stagione graduale e
progressiva, rappresentano indubbi fattori di rischio.
La proposta dell’Associazione Italiana Calciatori
e’ quella di ridurre la ricerca estrema della
fisicita’, riportando il calcio ai suoi ingredienti
naturali: tecnica, tattica, corsa, forza e non viceversa;
sollecitare dunque gli allenatori, i preparatori, i
fisiologi e i medici sportivi a trovare nelle metodologie
di allenamento, nello studio delle applicazioni tecniche
e tattiche, nella scienza dell’alimentazione, quei
miglioramenti delle prestazioni che non devono essere
cercati con l’apporto farmacologico.
A livello giovanile si raccomanda un’informazione
corretta e chiara, comunicando e consigliando ai
giocatori una maggior vigilanza e sensibilizzazione al
problema, mentre ai giocatori professionisti si chiede
maggior responsabilita’, ricordando loro i principi
piu’ semplici di tutela della salute, ma anche di
comportamenti corretti per un movimento che vive
dell’immagine di questi grandi campioni.
Inoltre l’Associazione Italiana Calciatori lancia un
grido di allarme, ricordando che in campo medico stiamo
da tempo vivendo l’era genomica; questo fatto non
dovra’ trovarci spiazzati, almeno sulle conoscenze
di possibili e potenziali prestazioni di atleti
ingegnerizzati.
Interessanti gli interventi di Giovanni Verde, Presidente
della Procura Antidoping del C.O.N.I e dell’On.
Mario Pescante, Sottosegretario al Ministero dei Beni e
delle Attivita’ Culturali.
Pur parlando un linguaggio prettamente legale e, come
tale, abbastanza alieno alle orecchie dell’inviato
de “Il Medico Sportivo”, Verde e’ stato
molto incisivo sulla suddivisione dei compiti tra
Autorita’ Sportiva, la cui finalita’ deve
essere primariamente quella di tutelare la
regolarita’ delle gare ed Autorita’ Legale, che
deve invece tutelare la salute degli atleti, applicando
all’uopo adeguate sanzioni.
Sanzioni invocate a gran voce dall’On. Pescante, che
vede un grande rischio nel problema doping a livello del
calcio. Egli teme che gli stadi possano diventare una
sorta di microcosmo dove tutto e’ depenalizzato:
risse, aggressioni, perfino bombe carta sono ormai
all’ordine del giorno e, se fuori dallo stadio
farebbero scattare immediati provvedimenti di carattere
giudiziario o penale, spesso all’interno degli stadi
vengono stigmatizzate ma passano poi impuni.
Vedere un campione che fa uso di doping potrebbe spingere
i giovani a ritenere lecita questa pratica, con le
conseguenze facilmente immaginabili.
Comunque, sia Verde che Pescante auspicano la piu’
stretta collaborazione tra Autorita’ Legale e
Sportiva, senza ingerenze ma con massimo scambio di
informazioni.
L’intervento di Francesco Capua, Presidente della
Commissione antidoping F.I.G.C. rappresenta uno degli
eventi piu’ attesi da parte dei professionisti della
comunicazione.
Aleggia infatti nell’aria la promessa di qualcosa di
speciale, destinato a fare del meeting di Pontedera non
il solito convegno “tante parole e pochi
fatti”, ma il punto di svolta verso una lotta contro
il doping piu’ severa e piu’ fattiva.
Capua e’ chiaro ed incisivo: dal 2003 verranno
introdotti controlli crociati sangue-urine nel calcio!
Se le strutture saranno pronte, questo sara’
possibile gia’ nel girone di ritorno del campionato
attualmente in corso, altrimenti dall’inizio della
prossima stagione.
Si tratta di una proposta che trova tutti concordi, anche
il Dr. Enrico Castellacci, presidente della Libera
Associazione Medici del Calcio, che, secondo le sue
parole, vanta la primogenitura dell’idea.
I controlli saranno effettuati secondo canoni di assoluta
casualita’, come gia’ avviene attualmente, con
una metodica alquanto raffinata che garantisce sia le
societa’ che i calciatori sulla totale
casualita’ che governa la determinazione dei
soggetti indagati e fa in modo che la frequenza
dell’evento per ogni calciatore sia dipendente dal
nunero di presenze in squadra; in definitiva, chi gioca
di piu’ ed e’ quindi piu’ performante, ha
maggiori possibilita’ di incorrere in un controllo
antidoping.
Sara’ comunque garantito anche l’aspetto
quantitativo dei controlli, che ha visto una crescita
costante nel tempo, passando dai circa 2.700 test
effettuati dalla F.I.G.C. ne 1987 agli oltre 5.000
dell’anno 2000.
E’ chiaro che questa nuova metodica, associata alla
necessita’ di non diminuire quantitativamente il
numero dei test, investira’ il Laboratorio
Antidoping dell’Acquacetosa di nuove problematiche,
dice Francesco Botre’, responsabile del suddetto
centro, ma ci faremo trovare pronti.
Botre’ e’ fiducioso sulle potenzialita’
del laboratorio da lui diretto, che oggi disimpegna una
notevole mole di lavoro, ricercando oltre 250 molecole in
migliaia di campioni di urine l’anno.
Metodiche di indagine rigorosa consentono uno screening
estremamente accurato e i campioni non assolutamente
negativi vengono sottoposti ad una serie di controanalisi
prima di essere definitivamente accantonati o prima che
l’atleta venga indagato per uso di doping.
Presto saranno disponibili nuovi test per una piu’
accurata ricerca dell’eritropoietina ed altre
metodiche di indagine piu’ fini per la valutazione
di molecole dopanti quali il nandrolone.
L’introduzione dei test ematici ovviamente
creera’ problemi di ordine logistico e strumentale
ma non vi sono dubbi che da parte della Federcalcio si
renderanno disponibili i finanziamenti necessari
all’adattamento delle strutture ed e’
auspicabile che la normativa che regolamentera’ il
nuovo regime di test antidoping a partire dal 2003 sia
chiara e facilmente standardizzabile, onde potere creare
una armonizzazione di vedute tra i vari Enti e
Federazioni, al fine di snellire i lavori ed evitare
polemiche.
Tocca a Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto di
Igiene dell’Universita’ Cattolica di Roma e
Componente della Commissione Antidoping della F.I.G.C. il
compito di concludere i lavori, stilando le linee guida
per il futuro e presentando un protocollo finale di
intesa.
Ovviamente, oltre ad estendere i controlli al sangue,
molto c’e’ da fare e tutte le decisioni che
verranno prese inseguito al meeting di Pontedera dovranno
essere caratterizzate da rapida operativita’ ed
estrema dinamicita’, perche’ l’esperienza
insegna che il doping corre piu’ della ricerca
medica.
E’ inoltre necessario che dal punto di vista medico
venga meglio definito il limite tra fisiologico e non
fisiologico, o addirittura patologico ed all’uopo si
auspica l’istituzione di database completi ed
aggiornati contenenti le piu’ recenti evidenze
scientifiche sull’argomento.
Soprattutto si dovra’ ribadire con ogni mezzo il
concetto di eticita’ dello sport, facilitare il
dialogo tra i diversi organismi delegati alla lotta al
doping e negoziare con le societa’ professionistiche
ritmi di lavoro piu’ ridotti e tempi di recupero
adeguati.
La medicina sportiva dovra’ potenziare la ricerca e
metterla in pratica, nonche’ elaborare nuovi
protocolli operativi come quello dei controlli crociati
sangue-urine.
Il messaggio che viene da Pontedera e’ chiaro:
bisogna essere vigili e lavorare in concerto,
perche’ chi si occupa di doping ha molte piu’
risorse di chi lo combatte.
Solo dallo sforzo comune tra mondo medico, legale,
giurispridenziale e manageriale, nonche’ dal grande
supporto dei mezzi di comunicazione di massa, potranno
scaturire risultati che portino il mondo dello sport ad
uniformarsi al motto della WADA, la World Anti-doping
Agency che recita”Think positive, text
negative”.
Su tutte queste considerazioni aleggia lo spettro
dell’ingegneria genetica e della possibilita’
di vedere scendere in campo, non molto in la’ nel
tempo, atleti costruiti in laboratorio.
La presenza in sala congressuale di alcune centinaia di
giovani liceali, che hanno vivacemente partecipato alle
discussioni testimoniando la loro voglia di divertirsi in
maniera sana e naturale, fa ben sperare per il futuro
imminente, ma da loro stessi giunge un monito che chi di
dovere non potra’ sottovalutare: la mitizzazione dei
campioni, i loro superguadagni, le loro vite dorate
rischiano di essere un richiamo irresistibile anche per
chi non ha le qualita’ per emergere.
Sono quindi in prima istanza loro, i divi del calcio, che
devono sentire il dovere di porsi in maniera positiva nei
confronti dei giovani, stigmatizzando energicamente tutto
cio’ che non viene ottenuto esclusivamente con
allenamento, tecnica e sacrificio.
Da loro puo’ venire il messaggio piu’ incisivo
ed efficace; il loro deve essere un modello positivo di
agonismo, fair play, onesta’ sportiva e
professionale.
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