Quando dalle nostre parti comincia l’inverno, sembra
proprio di non vederne mai la fine; i tepori del prossimo
maggio sono decisamente lontani e il freddo, la neve e le
giornate molto brevi invogliano a restare tra le mura di
casa anche chi, durante l’estate, era solito
frequentare le nostre belle montagne, unendo
l’attivita’ fisica alla full immersion in un
panorama assolutamente unico.
Per chi non volesse rinunciare alla camminata del week
end, esistono comunque alcuni itinerari piu’
prossimi alla citta’, percorribili con gli abiti da
passeggio ed al ritmo tranquillo dello struscio post
prandiale, oppure correndo come veri atleti o, in medio
stat virtus, marciando con i bastoncini al ritmo del
nordic walking.
Risalendo il torrente Cosia, ad un passo da Como centro,
si incontra un’oasi di tranquillita’ ideale per
fare quattro passi a contatto con la natura; il tracciato
si snoda lungo la valle delimitata da rocce sedimentarie
risalenti al mesozoico e pazientemente scavate
dall’inarrestabile lavorio delle acque.
Partiamo all’imbocco con la Via Pannilani; se venite
da un po’ lontano tenete presente che la
possibilita’ di trovare un parcheggio da queste
parti e’ paragonabile a quella di incontrare lo yeti
o di essere colpiti da una meteora, per cui approfittate
del parcheggio San Martino, poche centinaia di metri
piu’ indietro, certi che i soldi che spenderete
saranno compensati da quelli risparmiati in benzina,
tempo e buonumore nell’affannosa ricerca di un
posticino dove lasciare l’auto nelle vie
circostanti.
Ad onore del vero le prime centinaia di metri del
tragitto non hanno molto da offrire, perche’ la
citta’ ormai estende il suo cemento e talvolta il
suo degrado anche lungo le rive del Cosia, ma con un
attimo di pazienza il paesaggio cambia, per dare spazio a
balze coltivate da un lato ed alle acque del torrente
dall’altra parte.
Arriviamo dalle parti del “Navedano”, un nome
oggi legato ad un rinomato ristorante ma, per i meno
giovani, sinonimo di un vecchio crotto, di pomeriggi
trascorsi a giocare a carte, a bere vino buono, godersi
la frescura estiva e, soprattutto, a gustare la
specialita’ del luogo: la cotizza.
Una pietanza, quest’ultima, che grazie ai suoi
poveri ma completi ingredienti, latte, uova, farina,
rappresentava un pasto nutriente per la gente semplice
del tempo e, con sopra una spolverata di zucchero,
diventava una leccornia, un premio e una ricarica di
energia per i bimbi.
Pochi metri piu’ avanti un airone si scuote dal suo
apparente torpore; non e’ un incontro casuale: lui
ormai e’ un vecchio amico ed ogni volta che passiamo
di qua al mattino presto, arrancando di buon passo per
mantenere la forma e smaltire i chili di troppo, lui
spiega le ali e vola un poco piu’ in la’,
aspettando momenti piu’ tranquilli per tornare al
suo nido.
Fa piacere vedere come forme di vita selvaggia trovino
ancora albergo alle porte della citta’; sono lontani
i tempi in cui, dal ponte di San Martino fino al piazzale
antistante l’Aero Club, il colore delle acque
tradiva l’intensa attivita’ delle stamperie,
variando dal giallo al rosso al verde, a seconda del
pigmento in uso piu’ a monte.
Frutto certo di una rinnovata sensibilita’ ecologica
ma, ahime’, frutto anche della crisi nera che da
anni colpisce il settore tessile di Como e della quale
tutti noi comaschi direttamente o indirettamente
soffriamo.
Attraversando un ponte e passando di fianco al Mulino
Beretta, ultimo esempio di un’attivita’ che un
tempo era fiorente in quest’area, Camnago e’
presto raggiunta; il paesino e’ ancora impregnato
della memoria di Alessandro Volta, che qui nacque e visse
a lungo. Chi di noi si rende conto che quasi ogni nostra
attivita’ quotidiana e’ strettamente dipendente
dalle scoperte e dal genio di questo illustre
concittadino?
Sapremmo ancora immaginare la nostra vita senza i tre
forellini di una presa elettrica, risultato ultimo e
quotidianamente applicato dell’inventiva di un
cervello formatosi a un passo da casa nostra?
La riconoscenza che dobbiamo a Volta e’ davvero
tanta e la visita alla sua tomba ed alla villa
appartenuta alla sua famiglia merita di essere qualcosa
di piu’ di una semplice occhiata incuriosita.
Io non dimentico mai di gettare uno sguardo anche nella
corte di una delle case adiacenti, dove visse la mia
bisnonna, che ebbe per compagni dei suoi giochi di bimba
i discendenti del grande Alessandro ed immagino quale
vita semplice, dura, ma serena, fosse riservata alla
gente di allora.
Spesso papa’ mi raccontava che il mio bisnonno,
tornando a piedi dalla filanda verso casa, si fermava a
tirare il respiro dalle parti di Solzago dopo una salita
decisamente impegnativa e chiamava forte - Ginaaaa! -.
E la Gina, classe 1863 ma allora fanciulla in fiore,
udiva il richiamo del suo amato nel silenzio di quel
mondo antico e, con le gote rosse dall’emozione,
scendeva nella corte a rispondere al saluto.
Chi invece non ce la faceva proprio ad affrontare la
salita di Solzago era il vecchio tram, rimasto in
servizio fino agli anni ‘50; per fargli oltrepassare
il tratto piu’ ripido del tracciato senza tema di
restare in panne, fu creato un apposito percorso lungo il
quale ci si puo’ incamminare ancora oggi.
Dalla piazza dedicata al vecchio parroco Don Serafino
Pozzetti, sovrastante la chiesa di Camnago, parte infatti
la passeggiata voltiana, due chilometri di viale
ciottolato nel bosco che consentono di raggiungere
Tavernerio sullo stesso tracciato dove una volta si
stendevano le rotaie.
I primi duecento metri meriterebbero una maggiore
attenzione da parte di alcuni proprietari di cani,
evidentemente convinti che quanto non viene deposto fuori
dalla propria porta di casa non imbratti, non emani aromi
sgradevoli, non infastidisca chi era andato li’ per
correre o passeggiare e rischia invece di trovarsi a fare
del pattinaggio.
Comunque sia, superato il limite della normale continenza
di un cagnolino, il tracciato si addentra nel bosco,
finalmente praticabile senza patemi d’animo; sono
visibili i segni della buona volonta’ di chi,
recentemente, si e’ adoperato per ridare decoro ed
accessibilita’ a questo angolo di natura, liberando
dalle sterpaglie le balze sottostanti che giacevano
dimenticate dalla fine degli anni sessanta.
Incrociamo un paio di persone con cane extra large
annesso; la pace del luogo compie il miracolo e ci viene
spontaneo salutare e scambiare due chiacchiere con
persone che, se avessimo incrociato solo poche centinaia
di metri piu’ in la’, magari non avremmo
neppure degnato di uno sguardo.
Raccogliamo le loro lamentele per la sporcizia incontrata
piu’ indietro ed il loro imbarazzo per sentirsi
talvolta incolpevolmente accusare del maleodorante
scempio.
Meno male che di gente educata ce n’e’ ancora,
anche se fin troppo spesso persino le vie piu’
centrali della citta’ portano le tracce di chi
invece educato non lo e’ per nulla.
A meta’ del cammino tra Camnago e Tavernerio, la
strada e’ tagliata da una stretta e ripida gola,
percorsa da una cascata d’acqua alta piu’ di
otto metri; per consentire il passaggio del tram fu
costruito un ponte ma, dopo la dismissione della linea,
gli anni e l’incuria ebbero ragione della fragile
struttura che crollo’ nel fondovalle.
Nel 2002 il ponte distrutto fu sostituito da un fiammante
ponte metallico che prende il nome di “Ponte dei
Bottini”, cosi’ come vengono localmente
chiamate le ripide e levigate cavita’ scavate dai
torrenti nella roccia lungo il loro percorso.
Raggiungendo Tavernerio un non facilissimo sentiero
piomba a valle per qualche centinaio di metri per
incontrare nuovamente il torrente Cosia; se passate nella
stagione delle castagne non dimenticate il cestino,
perche’ in pochi attimi raccoglierete un bottino
prezioso.
Raggiungiamo cosi’ la solitaria chiesetta di San
Francesco in Ravanera; a patto di indossare scarpe ed
abbigliamento adatto, vale la pena di seguire verso monte
il corso del torrente: saremo ripagati dalla vista di
forre profonde oltre venticinque metri, testimonianza del
paziente lavorio delle acque ed anche del facile gioco
che esse ebbero nel corso dei millenni nei confronti
della tenera roccia calcarea; con un po’ di fortuna,
non e’ neppure impossibile rinvenire i resti fossili
degli antichi animali marini.
Oltre alle strade asfaltate, complessivamente lungo il
Cosia si snodano dodici chilometri di sentieri ed otto
chilometri di corsi d'acqua, in un’area che copre
circa 187 ettari; i servizi pubblici servono
adeguatamente la zona e pertanto, ovunque vi troviate,
avrete sempre a pochi passi una fermata di un autobus in
grado di riportarvi al punto di partenza.
Una buona idea per una domenica diversa, senza
allontanarsi troppo dalla citta’ e dai servizi;
casomai passaste di la’, non dimenticate di salutare
il mio amico airone.
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