A passeggio lungo il Cosia

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 51 - gennaio 2008



Quando dalle nostre parti comincia l’inverno, sembra proprio di non vederne mai la fine; i tepori del prossimo maggio sono decisamente lontani e il freddo, la neve e le giornate molto brevi invogliano a restare tra le mura di casa anche chi, durante l’estate, era solito frequentare le nostre belle montagne, unendo l’attivita’ fisica alla full immersion in un panorama assolutamente unico.
Per chi non volesse rinunciare alla camminata del week end, esistono comunque alcuni itinerari piu’ prossimi alla citta’, percorribili con gli abiti da passeggio ed al ritmo tranquillo dello struscio post prandiale, oppure correndo come veri atleti o, in medio stat virtus, marciando con i bastoncini al ritmo del nordic walking.
Risalendo il torrente Cosia, ad un passo da Como centro, si incontra un’oasi di tranquillita’ ideale per fare quattro passi a contatto con la natura; il tracciato si snoda lungo la valle delimitata da rocce sedimentarie risalenti al mesozoico e pazientemente scavate dall’inarrestabile lavorio delle acque.
Partiamo all’imbocco con la Via Pannilani; se venite da un po’ lontano tenete presente che la possibilita’ di trovare un parcheggio da queste parti e’ paragonabile a quella di incontrare lo yeti o di essere colpiti da una meteora, per cui approfittate del parcheggio San Martino, poche centinaia di metri piu’ indietro, certi che i soldi che spenderete saranno compensati da quelli risparmiati in benzina, tempo e buonumore nell’affannosa ricerca di un posticino dove lasciare l’auto nelle vie circostanti.
Ad onore del vero le prime centinaia di metri del tragitto non hanno molto da offrire, perche’ la citta’ ormai estende il suo cemento e talvolta il suo degrado anche lungo le rive del Cosia, ma con un attimo di pazienza il paesaggio cambia, per dare spazio a balze coltivate da un lato ed alle acque del torrente dall’altra parte.
Arriviamo dalle parti del “Navedano”, un nome oggi legato ad un rinomato ristorante ma, per i meno giovani, sinonimo di un vecchio crotto, di pomeriggi trascorsi a giocare a carte, a bere vino buono, godersi la frescura estiva e, soprattutto, a gustare la specialita’ del luogo: la cotizza.
Una pietanza, quest’ultima, che grazie ai suoi poveri ma completi ingredienti, latte, uova, farina, rappresentava un pasto nutriente per la gente semplice del tempo e, con sopra una spolverata di zucchero, diventava una leccornia, un premio e una ricarica di energia per i bimbi.
Pochi metri piu’ avanti un airone si scuote dal suo apparente torpore; non e’ un incontro casuale: lui ormai e’ un vecchio amico ed ogni volta che passiamo di qua al mattino presto, arrancando di buon passo per mantenere la forma e smaltire i chili di troppo, lui spiega le ali e vola un poco piu’ in la’, aspettando momenti piu’ tranquilli per tornare al suo nido.
Fa piacere vedere come forme di vita selvaggia trovino ancora albergo alle porte della citta’; sono lontani i tempi in cui, dal ponte di San Martino fino al piazzale antistante l’Aero Club, il colore delle acque tradiva l’intensa attivita’ delle stamperie, variando dal giallo al rosso al verde, a seconda del pigmento in uso piu’ a monte.
Frutto certo di una rinnovata sensibilita’ ecologica ma, ahime’, frutto anche della crisi nera che da anni colpisce il settore tessile di Como e della quale tutti noi comaschi direttamente o indirettamente soffriamo.
Attraversando un ponte e passando di fianco al Mulino Beretta, ultimo esempio di un’attivita’ che un tempo era fiorente in quest’area, Camnago e’ presto raggiunta; il paesino e’ ancora impregnato della memoria di Alessandro Volta, che qui nacque e visse a lungo. Chi di noi si rende conto che quasi ogni nostra attivita’ quotidiana e’ strettamente dipendente dalle scoperte e dal genio di questo illustre concittadino?
Sapremmo ancora immaginare la nostra vita senza i tre forellini di una presa elettrica, risultato ultimo e quotidianamente applicato dell’inventiva di un cervello formatosi a un passo da casa nostra?
La riconoscenza che dobbiamo a Volta e’ davvero tanta e la visita alla sua tomba ed alla villa appartenuta alla sua famiglia merita di essere qualcosa di piu’ di una semplice occhiata incuriosita.
Io non dimentico mai di gettare uno sguardo anche nella corte di una delle case adiacenti, dove visse la mia bisnonna, che ebbe per compagni dei suoi giochi di bimba i discendenti del grande Alessandro ed immagino quale vita semplice, dura, ma serena, fosse riservata alla gente di allora.
Spesso papa’ mi raccontava che il mio bisnonno, tornando a piedi dalla filanda verso casa, si fermava a tirare il respiro dalle parti di Solzago dopo una salita decisamente impegnativa e chiamava forte - Ginaaaa! -.
E la Gina, classe 1863 ma allora fanciulla in fiore, udiva il richiamo del suo amato nel silenzio di quel mondo antico e, con le gote rosse dall’emozione, scendeva nella corte a rispondere al saluto.
Chi invece non ce la faceva proprio ad affrontare la salita di Solzago era il vecchio tram, rimasto in servizio fino agli anni ‘50; per fargli oltrepassare il tratto piu’ ripido del tracciato senza tema di restare in panne, fu creato un apposito percorso lungo il quale ci si puo’ incamminare ancora oggi.
Dalla piazza dedicata al vecchio parroco Don Serafino Pozzetti, sovrastante la chiesa di Camnago, parte infatti la passeggiata voltiana, due chilometri di viale ciottolato nel bosco che consentono di raggiungere Tavernerio sullo stesso tracciato dove una volta si stendevano le rotaie.
I primi duecento metri meriterebbero una maggiore attenzione da parte di alcuni proprietari di cani, evidentemente convinti che quanto non viene deposto fuori dalla propria porta di casa non imbratti, non emani aromi sgradevoli, non infastidisca chi era andato li’ per correre o passeggiare e rischia invece di trovarsi a fare del pattinaggio.
Comunque sia, superato il limite della normale continenza di un cagnolino, il tracciato si addentra nel bosco, finalmente praticabile senza patemi d’animo; sono visibili i segni della buona volonta’ di chi, recentemente, si e’ adoperato per ridare decoro ed accessibilita’ a questo angolo di natura, liberando dalle sterpaglie le balze sottostanti che giacevano dimenticate dalla fine degli anni sessanta.
Incrociamo un paio di persone con cane extra large annesso; la pace del luogo compie il miracolo e ci viene spontaneo salutare e scambiare due chiacchiere con persone che, se avessimo incrociato solo poche centinaia di metri piu’ in la’, magari non avremmo neppure degnato di uno sguardo.
Raccogliamo le loro lamentele per la sporcizia incontrata piu’ indietro ed il loro imbarazzo per sentirsi talvolta incolpevolmente accusare del maleodorante scempio.
Meno male che di gente educata ce n’e’ ancora, anche se fin troppo spesso persino le vie piu’ centrali della citta’ portano le tracce di chi invece educato non lo e’ per nulla.
A meta’ del cammino tra Camnago e Tavernerio, la strada e’ tagliata da una stretta e ripida gola, percorsa da una cascata d’acqua alta piu’ di otto metri; per consentire il passaggio del tram fu costruito un ponte ma, dopo la dismissione della linea, gli anni e l’incuria ebbero ragione della fragile struttura che crollo’ nel fondovalle.
Nel 2002 il ponte distrutto fu sostituito da un fiammante ponte metallico che prende il nome di “Ponte dei Bottini”, cosi’ come vengono localmente chiamate le ripide e levigate cavita’ scavate dai torrenti nella roccia lungo il loro percorso.
Raggiungendo Tavernerio un non facilissimo sentiero piomba a valle per qualche centinaio di metri per incontrare nuovamente il torrente Cosia; se passate nella stagione delle castagne non dimenticate il cestino, perche’ in pochi attimi raccoglierete un bottino prezioso.
Raggiungiamo cosi’ la solitaria chiesetta di San Francesco in Ravanera; a patto di indossare scarpe ed abbigliamento adatto, vale la pena di seguire verso monte il corso del torrente: saremo ripagati dalla vista di forre profonde oltre venticinque metri, testimonianza del paziente lavorio delle acque ed anche del facile gioco che esse ebbero nel corso dei millenni nei confronti della tenera roccia calcarea; con un po’ di fortuna, non e’ neppure impossibile rinvenire i resti fossili degli antichi animali marini.
Oltre alle strade asfaltate, complessivamente lungo il Cosia si snodano dodici chilometri di sentieri ed otto chilometri di corsi d'acqua, in un’area che copre circa 187 ettari; i servizi pubblici servono adeguatamente la zona e pertanto, ovunque vi troviate, avrete sempre a pochi passi una fermata di un autobus in grado di riportarvi al punto di partenza.
Una buona idea per una domenica diversa, senza allontanarsi troppo dalla citta’ e dai servizi; casomai passaste di la’, non dimenticate di salutare il mio amico airone.