A Civiglio, tra la Via Crucis e i cinghiali

 

Giorgio Rizzi
Pubblicato su "Como e dintorni" n. 58 - settembre 2008



Mamma cinghiale sbuca come un razzo dal bosco; i suoi unghioni slittano sull’asfalto e le conferiscono un aspetto un po’ ballonzolante, simile a quello di alcuni vecchietti appena incontrati presso il locale crotto, reduci da una prima colazione a base di qualcosa probabilmente ben diverso da cappuccino e brioche.
La seguono fiduciosi tre cucciolini, per nulla spaventati ed invece decisamente curiosi, come curiosi sono tutti i bimbi del mondo, a due o a quattro zampe.
Lei invece e’ palesemente disorientata: capisce di avere trascinato la sua cucciolata al di fuori della sicurezza offerta dalla fitta vegetazione e d’improvviso si ferma in mezzo alla strada e mi fissa, indecisa sul da farsi.
Si capisce che e’ spaventata e, per la verita’, lo sono anch’io, probabilmente piu’ di lei: in fondo un cinghiale e’ comunque una bella bestia e si sa che una femmina con i cuccioli appresso e’ poco incline a socializzare con un bipede vestito da essere umano, specie se indossa una tuta sportiva dai colori sgargianti che ne denuncia la totale estraneita’ con l’ambiente circostante.
Mi acquatto dietro al primo riparo possibile e, muovendomi impercettibilmente, cerco di raggiungere la macchina fotografica infilata chissa’ dove nel marsupio, ma basta lo scorrere della cerniera lampo per fare superare il livello di guardia alla Signora Cinghiale.
Il bestione agita la testa, bofonchia, grugnisce, si guarda intorno; si capisce che sta decidendo tra l’attacco e una pur sempre onorevole fuga: d’altra parte chi taccerebbe di vigliaccheria una giovane e bella mamma che scappa portandosi i tre marmocchi appresso, per quanto di specie suina e di carattere selvatico?
Alla fine sceglie l’opzione migliore e in un attimo, ripercorrendo la strada dalla quale era venuta, scompare nel bosco, insieme alla speranza di portare a casa qualche foto eccezionale, ma comunque alleviando la mia fifa.
Non appena le ginocchia smettono di battere, e’ di nuovo via libera per raggiungere dalla strada asfaltata il sentiero che porta alla chiesina di San Nicola da Tolentino, fiancheggiando la Via Crucis datata del 1700.
Siamo a Civiglio, a pochissimi chilometri dal centro citta’, ma gia’ decisamente immersi in un ambiente dove e’ la natura a farla da padrone.
Qui si arriva tranquillamente anche in auto, ma se non siete proprio dei pigroni, il consiglio e’ quello di prendere la funicolare, camminare per forse un paio di chilometri da Brunate in un panorama mozzafiato e su una strada perfettamente asfaltata e guadagnarvi poi la meta sospirata attraverso gli ultimi cinquecento metri che si snodano dapprima in salita su un acciottolato e poi in falso piano su un sentiero sterrato e ben livellato.
Il tracciato bene si presta alle soste, essendo costellato dalle quattordici cappelle della Via Crucis impreziosite da bassorilievi di pregevole fattura, che speriamo possano venire presto valorizzati da una sapiente opera di restauro.
Comunque, anche se non fosse la Fede quella che vi spinge a percorrere questa strada, non mancheranno gli scorci di natura, i panorami splendidi, il silenzio e l’occasionale grido di un rapace a farvi interrompere il cammino e guardarvi intorno.
San Nicola compare all’improvviso tra le piante del fitto bosco; qua invece le tracce di una manutenzione ben fatta e di un restauro recente sono evidenti e fa piacere trovarsi al cospetto di un piccolo edificio pulito ed ordinato, inserito in un ambito naturale altrettanto ben tenuto.
Si hanno documenti relativi all’esistenza della chiesetta gia’ nel “Compendio delle croniche del clero della diocesi di Como” risalente al 1768, ove si descrive che “in Civiglio, la parrocchia di San Tommaso risultava compresa nella pieve della Cattedrale, volgarmente detta di Zezio ed entro i confini della parrocchia esisteva l'oratorio di San Nicola da Tolentino in Campassio”.
Amore di curiosita’ ci spinge ad aggiungere che a quei tempi “il numero dei parrocchiani era di duecentonovantasei di cui duecentosei comunicati” ed “i redditi del parroco risultavano derivare da fondi per lire 338.5, dalla comunita’ in primizie per lire 245.3, da emolumenti di stola per lire 66.”
In altri documenti risalenti invece all’inizio del secolo scorso, si legge che “nel territorio parrocchiale esistevano gli oratori di San Nicola da Tolentino e di Sant'Antonio di Padova”, mentre “i parrocchiani erano cinquecento, compresi gli abitanti delle frazioni di Scivei, Visigna, Preel.
Fonte: "Civita, Le istituzioni storiche del territorio lombardo, le istituzioni ecclesiastiche - XIII - XX secolo, Diocesi di Como".
In qualche punto intorno alla chiesetta il terreno appare scavato, forse franoso; viene da pensare riguardo alla stabilita’ delle pendici della montagna circostante, che gia’ in passato aveva creato qualche problema piu’ a valle ostruendo il corso del Cosia, ma un gentile passante, col quale condivido l’argento dei capelli e probabilmente la data di nascita, scioglie questo dubbio; nessuna frana: qua venivano i bimbi di un tempo a scavare la terra creta.
Bastava tanta pazienza per ridurre in una polvere omogenea il materiale strappato alla montagna, una sapiente miscela con l’acqua e una rapida cottura nel forno della cucina economica, di nascosto dalla mamma ed ecco che le palline fangose si trasformavano nelle biglie di terracotta con le quali hanno giocato intere generazioni di bimbi, prima che comparissero le mitiche palline di plastica con dentro l’effige dei ciclisti di allora e molto prima che questo gioco apparisse troppo banale ai figli dei figli dei figli per conservarne la pratica e la memoria, non essendo dotato neppure di un microchip o almeno di un attacco per la corrente elettrica.
Erano decenni che non discutevo con qualcuno riguardo alla giusta tecnica per costruire gli “gnoli”, forse un diminutivo di “cugnoli”, dal dialetto “cugnoo", a significare i piccoli cunei composti da tre biglie sotto, unite a triangolo e una sopra in precario equilibrio.
Un sapiente tiro e lo “gnolo” crollava, attribuendo la proprieta’ delle quattro biglie che lo componevano all’infallibile cecchino autore del colpo.
Lo stesso passante, del quale inutilmente ho cercato di conoscere il nome o almeno la classe di nascita, dato il suo fare modesto, simile a quello di tutta la gente che vive sui fianchi di una montagna, mi racconta di come oggi il bosco sia avanzato fino ad inglobare buona parte della zona circostante ma che li’, fino a pochi decenni fa, si estendevano campi adibiti alla raccolta del fieno e i sentieri erano percorsi da carri stracarichi dell’alimento principale per il bestiame che veniva allevato nei dintorni.
Oggi la natura sta inesorabilmente riprendendo possesso di quegli spazi che decenni fa furono teatro del lavoro degli uomini e dei giochi dei bimbi, ma la chiesetta vigila in una zona dove non e’ stato permesso che l’incuria e il disinteresse fossero causa di degrado.
I sentieri puliti e ben tenuti e la segnaletica chiara e priva delle solite tracce dei vandali invitano ad addentrarsi nel bosco e passeggiare nella natura; persino alcuni viandanti che hanno scelto il sagrato di San Nicola come base per un barbecue, stanno ripulendo accuratamente l’area per non lasciare traccia alcuna del loro passaggio.
Solo il profumo che ancora aleggia nell’aria non puo’ essere riposto tra i rifiuti e stimola non poco lo stomaco, ma e’ evidente che educazione crea educazione, pulizia chiama pulizia, ordine genera ordine.
La dedicazione della chiesetta a San Nicola, descritto nei documenti storici come “un giovane frate, di grande pieta’, di aspre penitenze, di intensa preghiera, favorito dal dono di introspezione delle anime, di manifestazioni mistiche e anche di prodigiosi miracoli”, bene si intona con il silenzio della zona e con l’ambiente circostante ed il contatto con la natura invita alla meditazione ed alla preghiera.
Tuttavia non sono solo gli aspetti spirituali ad attirare fedeli e curiosi qua intorno: intorno al 10 settembre, quando il martirologio cristiano venera San Nicola da Tolentino, presso la chiesetta di Civiglio viene celebrata una festa, con la Santa Messa i vespri e la processione, senza dimenticare l’incanto dei canestri e il pranzo tutti in compagnia.
Il mio sconosciuto passante ci tiene ad informare che la “busecca” vale la pena di una visita…