Mamma cinghiale
sbuca come un razzo dal bosco; i suoi unghioni slittano sull’asfalto
e le conferiscono un aspetto un po’ ballonzolante, simile a quello
di alcuni vecchietti appena incontrati presso il locale crotto, reduci
da una prima colazione a base di qualcosa probabilmente ben diverso da
cappuccino e brioche.
La seguono fiduciosi tre cucciolini, per nulla spaventati ed invece
decisamente curiosi, come curiosi sono tutti i bimbi del mondo, a due
o a quattro zampe.
Lei invece e’ palesemente disorientata: capisce di avere trascinato
la sua cucciolata al di fuori della sicurezza offerta dalla fitta
vegetazione e d’improvviso si ferma in mezzo alla strada e mi fissa,
indecisa sul da farsi.
Si capisce che e’ spaventata e, per la verita’, lo sono anch’io,
probabilmente piu’ di lei: in fondo un cinghiale e’ comunque una
bella bestia e si sa che una femmina con i cuccioli appresso e’ poco
incline a socializzare con un bipede vestito da essere umano, specie
se indossa una tuta sportiva dai colori sgargianti che ne denuncia la
totale estraneita’ con l’ambiente circostante.
Mi acquatto dietro al primo riparo possibile e, muovendomi
impercettibilmente, cerco di raggiungere la macchina fotografica
infilata chissa’ dove nel marsupio, ma basta lo scorrere della
cerniera lampo per fare superare il livello di guardia alla Signora
Cinghiale.
Il bestione agita la testa, bofonchia, grugnisce, si guarda intorno;
si capisce che sta decidendo tra l’attacco e una pur sempre
onorevole fuga: d’altra parte chi taccerebbe di vigliaccheria una
giovane e bella mamma che scappa portandosi i tre marmocchi appresso,
per quanto di specie suina e di carattere selvatico?
Alla fine sceglie l’opzione migliore e in un attimo, ripercorrendo
la strada dalla quale era venuta, scompare nel bosco, insieme alla
speranza di portare a casa qualche foto eccezionale, ma comunque
alleviando la mia fifa.
Non appena le ginocchia smettono di battere, e’ di nuovo via libera
per raggiungere dalla strada asfaltata il sentiero che porta alla
chiesina di San Nicola da Tolentino, fiancheggiando la Via Crucis
datata del 1700.
Siamo a Civiglio, a pochissimi chilometri dal centro citta’, ma
gia’ decisamente immersi in un ambiente dove e’ la natura a farla
da padrone.
Qui si arriva tranquillamente anche in auto, ma se non siete proprio
dei pigroni, il consiglio e’ quello di prendere la funicolare,
camminare per forse un paio di chilometri da Brunate in un panorama
mozzafiato e su una strada perfettamente asfaltata e guadagnarvi poi
la meta sospirata attraverso gli ultimi cinquecento metri che si
snodano dapprima in salita su un acciottolato e poi in falso piano su
un sentiero sterrato e ben livellato.
Il tracciato bene si presta alle soste, essendo costellato dalle
quattordici cappelle della Via Crucis impreziosite da bassorilievi di
pregevole fattura, che speriamo possano venire presto valorizzati da
una sapiente opera di restauro.
Comunque, anche se non fosse la Fede quella che vi spinge a percorrere
questa strada, non mancheranno gli scorci di natura, i panorami
splendidi, il silenzio e l’occasionale grido di un rapace a farvi
interrompere il cammino e guardarvi intorno.
San Nicola compare all’improvviso tra le piante del fitto bosco; qua
invece le tracce di una manutenzione ben fatta e di un restauro
recente sono evidenti e fa piacere trovarsi al cospetto di un piccolo
edificio pulito ed ordinato, inserito in un ambito naturale
altrettanto ben tenuto.
Si hanno documenti relativi all’esistenza della chiesetta gia’ nel
“Compendio delle croniche del clero della diocesi di Como”
risalente al 1768, ove si descrive che “in Civiglio, la
parrocchia di San Tommaso risultava compresa nella pieve della
Cattedrale, volgarmente detta di Zezio ed entro i confini della
parrocchia esisteva l'oratorio di San Nicola da Tolentino in Campassio”.
Amore di curiosita’ ci spinge ad aggiungere che a quei tempi “il
numero dei parrocchiani era di duecentonovantasei di cui duecentosei
comunicati” ed “i redditi del parroco risultavano derivare
da fondi per lire 338.5, dalla comunita’ in primizie per lire 245.3,
da emolumenti di stola per lire 66.”
In altri documenti risalenti invece all’inizio del secolo scorso, si
legge che “nel territorio parrocchiale esistevano gli oratori di
San Nicola da Tolentino e di Sant'Antonio di Padova”, mentre “i
parrocchiani erano cinquecento, compresi gli abitanti delle frazioni
di Scivei, Visigna, Preel.
Fonte: "Civita, Le istituzioni storiche del territorio
lombardo, le istituzioni ecclesiastiche - XIII - XX secolo, Diocesi di
Como".
In qualche punto intorno alla chiesetta il terreno appare scavato,
forse franoso; viene da pensare riguardo alla stabilita’ delle
pendici della montagna circostante, che gia’ in passato aveva creato
qualche problema piu’ a valle ostruendo il corso del Cosia, ma un
gentile passante, col quale condivido l’argento dei capelli e
probabilmente la data di nascita, scioglie questo dubbio; nessuna
frana: qua venivano i bimbi di un tempo a scavare la terra creta.
Bastava tanta pazienza per ridurre in una polvere omogenea il
materiale strappato alla montagna, una sapiente miscela con l’acqua
e una rapida cottura nel forno della cucina economica, di nascosto
dalla mamma ed ecco che le palline fangose si trasformavano nelle
biglie di terracotta con le quali hanno giocato intere generazioni di
bimbi, prima che comparissero le mitiche palline di plastica con
dentro l’effige dei ciclisti di allora e molto prima che questo
gioco apparisse troppo banale ai figli dei figli dei figli per
conservarne la pratica e la memoria, non essendo dotato neppure di un
microchip o almeno di un attacco per la corrente elettrica.
Erano decenni che non discutevo con qualcuno riguardo alla giusta
tecnica per costruire gli “gnoli”, forse un diminutivo di “cugnoli”,
dal dialetto “cugnoo", a significare i piccoli cunei composti
da tre biglie sotto, unite a triangolo e una sopra in precario
equilibrio.
Un sapiente tiro e lo “gnolo” crollava, attribuendo la
proprieta’ delle quattro biglie che lo componevano all’infallibile
cecchino autore del colpo.
Lo stesso passante, del quale inutilmente ho cercato di conoscere il
nome o almeno la classe di nascita, dato il suo fare modesto, simile a
quello di tutta la gente che vive sui fianchi di una montagna, mi
racconta di come oggi il bosco sia avanzato fino ad inglobare buona
parte della zona circostante ma che li’, fino a pochi decenni fa, si
estendevano campi adibiti alla raccolta del fieno e i sentieri erano
percorsi da carri stracarichi dell’alimento principale per il
bestiame che veniva allevato nei dintorni.
Oggi la natura sta inesorabilmente riprendendo possesso di quegli
spazi che decenni fa furono teatro del lavoro degli uomini e dei
giochi dei bimbi, ma la chiesetta vigila in una zona dove non e’
stato permesso che l’incuria e il disinteresse fossero causa di
degrado.
I sentieri puliti e ben tenuti e la segnaletica chiara e priva delle
solite tracce dei vandali invitano ad addentrarsi nel bosco e
passeggiare nella natura; persino alcuni viandanti che hanno scelto il
sagrato di San Nicola come base per un barbecue, stanno ripulendo
accuratamente l’area per non lasciare traccia alcuna del loro
passaggio.
Solo il profumo che ancora aleggia nell’aria non puo’ essere
riposto tra i rifiuti e stimola non poco lo stomaco, ma e’ evidente
che educazione crea educazione, pulizia chiama pulizia, ordine genera
ordine.
La dedicazione della chiesetta a San Nicola, descritto nei documenti
storici come “un giovane frate, di grande pieta’, di aspre
penitenze, di intensa preghiera, favorito dal dono di introspezione
delle anime, di manifestazioni mistiche e anche di prodigiosi
miracoli”, bene si intona con il silenzio della zona e con
l’ambiente circostante ed il contatto con la natura invita alla
meditazione ed alla preghiera.
Tuttavia non sono solo gli aspetti spirituali ad attirare fedeli e
curiosi qua intorno: intorno al 10 settembre, quando il martirologio
cristiano venera San Nicola da Tolentino, presso la chiesetta di
Civiglio viene celebrata una festa, con la Santa Messa i vespri e la
processione, senza dimenticare l’incanto dei canestri e il pranzo
tutti in compagnia.
Il mio sconosciuto passante ci tiene ad informare che la “busecca”
vale la pena di una visita…
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