Tutto e' cominciato con una
frase che mi frullava nella mente come un’idea
ossessiva; non riuscivo a liberarmene ne' di giorno ne'
di notte.
Purtroppo io sono uno di quegli sfortunati mortali che la
notte non riesce a chiudere occhio neanche quando si
trova nel proprio letto perfettamente rilassato,
figuriamoci poi con qualche pensiero per la testa.
Cosi' un giorno, stanco di passare le notti in bianco ho
acceso il computer, ho aperto una bella paginetta
immacolata in Word e ho scritto: “Non era certo il
freddo a farci rabbrividire...”, poi ho salvato
tutto con un nome che era un programma “aaa”,
come faccio di solito con tutti i file che prima o poi
vanno cancellati e, finalmente sollevato, mi sono potuto
gustare una nottata di sonno ora che avevo trasferito il
mio problema in qualche microchip del computer
dell’ufficio.
Grande cosa i computer: prendono tutto quello che gli
metti in memoria, lo conservano con cura, stanno zitti e
non rompono. Almeno cosi' pensavo.
Invece quelle dannate tre “a” si ripresentavano
ogni mattina in prima posizione nella schermata di File
Manager, riproponendomi il problema e costringendomi,
giorno dopo giorno, ad aggiungere qualche parola qua e
la'.
Nel giro di alcuni mesi il file aaa si era arricchito di
alcuni appunti, appena appena abbozzi di quelle che
avrebbero dovute essere delle pagine; una lunga teoria di
fogli bianchi con scarabocchiate sopra cinque o sei
parole, senza collegamento alcuno l’uno con gli
altri; totalmente incapace di aggiungere alcunche',
guardavo impotente questa accozzaglia di idee, senza
peraltro trovare il coraggio di fare piazza pulita e
scaricare una volta per tutte questo strampalato file nel
cimitero dei kilobytes.
Poi un’altra frase cominciava a rodermi la mente;
riaprivo aaa e scrivevo; cosi', piano piano e con gran
tormento, il puzzle si componeva.
Io non sono uno scrittore, non lo sono mai stato e non lo
saro' mai; anzi, se proprio dobbiamo essere precisi, sono
uno di quelli che a scuola con l’italiano scritto
non e' mai arrivato molto piu' in la' della sufficienza,
incapace com’ero di estrinsecare su di un foglio di
carta dei pensieri che non fossero ermetici ed
essenziali.
Per me bianco e' bianco, nero e' nero, punto e basta.
Invidio coloro che alla parola bianco sono capaci di fare
seguire descrizioni di un paesaggio montano, che quasi ti
sembra di sentire lo scricchiolio dei tuoi passi nella
neve, o che ispirati dal vocabolo nero, parlano di calde
e romantiche notti tropicali in modo tale da farti
apprezzare il profumo dei fiori attorno al collo di belle
fanciulle che danzano il tamure'.
Tutta colpa di una mente decisamente logica e matematica,
poco o nulla aperta all’umanesimo ed alle materie
letterarie, sopportate da sempre come un bagaglio
nozionistico ed inutile del quale invece gli anni mi
stanno facendo riscoprire il valore e la bellezza.
Il tutto condito da una capacita' di sintesi a volte
portata all’estremo che, se da un lato puo' essere
utile o pressoche' indispensabile in determinate
attivita' (vedi pilotare un aereo), non serve invece a
granche', ma anzi arreca danno, quando si deve allungare
la minestra e scrivere in trecento parole quello che si
potrebbe dire in trenta.
Certo che cosi' non si mettono insieme molte pagine, se
si sta scrivendo un libro, anche se penso che in ogni
caso sia meglio un’emozione di cinque minuti che una
noia di trecento cartelle dattiloscritte.
Ognuna delle frasi che seguono, ognuna delle parole qui
racchiuse, sono il risultato di un profondo travaglio
interiore, sono state strappate con l’uncino dal di
dentro e riposte una ad una con sofferenza nelle memorie
di almeno tre computer diversi.
Mi sono sentito molto vicino alle donne protagoniste di
parti plurigemini mentre scrivevo alcuni capitoli e solo
talvolta ho avuto il piacere, vorrei dire la sorpresa, di
vedere le dita scorrere leggere sulla tastiera e lo
schermo riempirsi di qualcosa di decente.
Sono le parti che amo di piu' e che meno di ogni altra
hanno avuto bisogno di correzioni o di riscritture.
Sono le parti scritte piu' col cuore che con la mente e
non farete fatica a riconoscerle.
C’e' voluto un amore di quelli grandi, quale quello
per il volo ed un’irripetibile epopea della mia vita
per riuscire a cavare dal mio cervello qualcosa che per
la prima volta e temo anche per l’ultima, nulla ha a
che vedere con realizzazioni logiche o tecnologiche, ma
che forse, lontanamente e timidamente si avvicina al
mondo dell’arte.
Sono e resto un pilota, prima di tutto, anche quando sono
a terra, anche quando sono in ufficio ad occuparmi,
purtroppo, di qualcosa di completamente diverso dagli
aerei e non mi importa granche' di essere ricordato come
scrittore, anzi, per la verita' non mi importa di essere
ricordato affatto.
Quindi se le pagine che seguono vi saranno gradite e vi
trasmetteranno un’emozione, siate grati al piccolo
aereo che e' stato artefice del miracolo di trasformare
uno zuccone in un tentativo di scrittore.
Soprattutto, se qualcuno trovera' qui dentro lo stimolo
per avvicinarsi al meraviglioso mondo del volo, il
piccolo Vicky ne sara' orgoglioso.
Se invece continuate ad avere paura di volare, peggio per
voi; con i vestiti addosso non riuscirete a fare niente
di piu' bello ed emozionante su questa terra.
Quanto al pilota, nonche' narratore, beh... quello sono
io; scusate tanto, so che non e' gran cosa, ma non
c’era niente di meglio sul mercato...
NOTA: per motivi di tutela della privacy i nomi dei
personaggi sono stati cambiati, anche se i fatti narrati
sono tutti rigorosamente aderenti al vero.
Non so a cosa potra' servire, perche' per la maggior
parte dei casi si tratta di soggetti talmente
squinternati che gli addetti ai lavori non faranno fatica
a riconoscerli.
La stessa cosa vale per i nomi di alcuni enti o scuole di
volo, cosi' nessuno potra' accusarmi di pubblicita'
occulta.
Comunque sia, non ho ritenuto opportuno mutare:
- Il nome (la sigla) di Vicky, perche' nel frattempo ci
ha pensato lui a cambiare sigla e nazionalita';
- Il nome di Daniela, perche' se non vi dispiace alla
privacy di mia moglie ci penso io, con la lupara se e' il
caso…
- Il nome di Maria Vittoria, perche' non mi va
l’idea che un tenero batuffolo di pochi anni di eta'
debba gia' sottostare a leggi assurde per le quali, se
scrivi il nome di un amico e non gli chiedi il permesso
prima, ti puoi trovare nei guai. Sono certo che la mamma
non me ne vorra'.
Dedicato
a tutti coloro che hanno un cervello
e lo usano al meglio,
o almeno cercano di farlo...
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